di e con Roberto Herlitzka
Visto al Teatro i di Milano _ 10-12 novembre 2010
Cimentarsi con Amleto è un’idea nata quasi per gioco nella mente di Roberto Herlitzka, poco più di dieci anni fa. Invitato a un ciclo di letture su Shakespeare nel 1998 decise di presentare non la tragedia ma il personaggio. Recitare tutto l’Amleto, ma proprio tutto, da solo in scena, facendo soltanto la parte del protagonista e sfrondando il testo del Bardo da tutti gli altri ruoli. Un lungo monologo che è una sfida degna di un grande attore come Herlitzka, a cui l’esperienza certo non manca. Torinese, classe 1937, formatosi a Roma alla Silvio d’Amico e a fianco di Orazio Costa, ha lavorato con i più importanti registi italiani del teatro e del grande schermo. Oltre al David di Donatello e al Nastro d’Argento per l’interpretazione di Aldo Moro in Buongiorno notte di Marco Bellocchio, numerosi altri riconoscimenti, tra cui il Premio Gassman, gli sono stati riconosciuti per i suoi ruoli sul palcoscenico.
Eccolo allora nella parte del personaggio tragico per eccellenza, Amleto, tormento e ambizione di qualunque attore. Lo spettacolo, inserito nelle produzioni di Teatro Segreto dal 2002, è tornato a Milano per tre serate come punta di diamante della bella stagione del Teatro i in via Conca del Naviglio.
“ExAmleto” perché in scena vi è un uomo di 72 anni che non ha più l’età per fingere di essere Amleto. E forse anche perché dell’originale rimane solo la struttura messa a nudo, recitata in un modo che altro non è se non teatro nella sua forma più semplice e pura: una sedia e un attore, su un palco scenico spoglio, giocano con le parole, con i gesti, con il linguaggio del teatro.
Ed ecco che Amleto getta le spoglie dell’eroe shakespeariano tanto lontano da noi e assume le sembianze di Roberto Herlitzka, che gli dà corpo e voce in un dialogo tra sé e sé, intimo ed emozionante. E allora il testo diventa leggero nelle parole di Herlitzka, che giocano tra il poetico e il tragico, con l’ironia e la malinconia della solitudine. E anche il ciclopico “essere o non essere”, enunciato in piedi su una sedia illuminato da una luce rossa, diventa un ritornello aggraziato pronunciato con leggerezza.
Così Amleto non è più Amleto. “Non suono il flauto e non mi specchio il viso, non leggo il testo e non tiro di spada, non tocco il cranio e non muoio neppure, non ho trent’anni e non faccio l’Amleto”, recitano le note di introduzione allo spettacolo. E gli oggetti della tragedia – la spada, il flauto, lo specchio, il testo, e l’immancabile teschio – giacciono sulla scena come protagonisti muti, oggetti evocativi che presenziano come doveroso omaggio a Shakespeare e a tutti gli infiniti Amleto che hanno preso vita sulle tavole del palcoscenico.
ExAmleto è una riscrittura drammaturgica sapiente, che altro non fa che scardinare il testo shakespeariano, utilizzandone le parole ma trasformando la struttura. E così il testo si scompone, si ribalta come un calzino, viene fatto a pezzi e ricostruito in un sottile filo narrativo sul quale scorrono senza regola le parole. Le battute di Amleto, e gli occhi vividi ed espressivi di Herlitzka, bastano ad evocare le figure del padre, della regina, dello zio, di Ofelia, in uno spettacolo che diventa una lunga confessione fatta dal protagonista a se stesso, dove i livelli narrativi si sovrappongono passando dal racconto alla erudita declamazione del testo, da una sua scomposizione ironica a una commovente grazia.
La piccola sala del Teatro i – e peccato che i posti fossero così pochi – è gremita di un pubblico che, appeso al filo della narrazione, è reso complice da una prova d’attore che difficilmente si dimentica. E al lungo e appassionato applauso partecipano due spettatori “la cui presenza è a dir poco emozionante”, come ha voluto sottolineare, a mo’ di ringraziamento, lo stesso Herlitzka a spettacolo concluso: Roberto Benigni e Nicoletta Braschi. Un bel riconoscimento, oltre che per Herlitzka, anche per il Teatro i che, in attesa di un progetto di ristrutturazione che finalmente ne amplierà gli spazi, ha avuto l’onore di ospitarlo, fortunato “eletto” tra i teatri milanesi. Un segno del cambiamento dei tempi?
Francesca Serrazanetti