Fabrizio Favale è release (leggi: fluido) almeno quanto i movimenti che vorrebbe vedere eseguiti dalle giovanissime riunite a DanceHaus. Quali che fossero i timori di ciascuna al principio della giornata – all’ingresso vi è stata in effetti chi si è detta preoccupata all’idea di lavorare col già consolidato gruppo di casa Beltrami – ben presto vengono fugati dalla gaia cordialità del danzatore-maestro. “Sapete che cosa significa release?”, domanda, mentre si colloca tra le ragazze cominciando il riscaldamento, “È assenza di tensione, condizione ottimale per qualunque lavoro col corpo!”. Lo stretching non fa eccezione: dev’essere già occasione per predisporre gli arti a questo stato di rilassamento, senza il quale non è possibile pensare di lavorare proficuamente alle figure. Favale passeggia, picchietta la schiena delle ragazze, lo si sente ripetere spesso di mantenere morbide le ginocchia, persino i piedi e le dita. É un momento più intenso di quel che si potrebbe credere, e prosegue per un po’, finché il coreografo si dichiara piuttosto soddisfatto. Quindi, le figure: esercizi prima di tutto, la coreografia solo in un secondo tempo.

“La non-tensione – spiega – deve accompagnarsi al massimo della precisione: il che implica che il movimento a cui diamo avvio venga sempre sostenuto e raffinato. L’immobilità è bandita: non facciamo balletto e il corpo non deve mai essere fermo!”. Le danzatrici intanto, su indicazione del maestro, si raccolgono in fondo alla sala e a quattro a quattro si cimentano in uno slancio in avanti che è quasi un volo. È questo un tentativo, esplicitamente richiesto, di familiarizzare con la gravità, a cui le ragazze dovranno coniugare un altro sforzo: far emergere “l’esigenza che genera ciascun movimento”. È un’esortazione a portare la propria sensibilità nello spazio, senza lasciarla relegata nell’interiorità.

L’inizio della parte di coreografia è accolto con brio. Favale mostra i movimenti, e un attimo dopo tutte hanno già memorizzato la sequenza – una sequenza fatta di “venti sottili” e movenze “memori di tremiti di capra, di fenicotteri e foreste”. Una partitura scandita da schiocchi di lingua, sbuffi, “cicicici” cui le danzatrici si affidano più che alla musica stessa. Favale vuole proporre un esempio chiaro di quel che significa accudire un movimento, concedersi ad esso senza affettazione; attraversarlo senza perdervisi, e senza dimenticare l’esigenza di ricerca che lo ha generato.

Ma la coreografia non rappresenta ancora l’acme emozionale della lezione, che avrà fine infatti con un “esperimento”: una danza libera dalla quale ogni ragazza può evadere per fermarsi a guardare le compagne, ogniqualvolta ne senta il bisogno. Una danza in cui sarà lecito cominciare a seguire i movimenti di qualcun altro, in coppia o a gruppi. Il risultato è un flusso di grande intensità, come se tutte già conoscessero la direzione del movimento: sorgono relazioni talmente spontanee e volubili che spesso risulta difficile capire chi sia a guidare la danza. Le individualità di quella stessa mattina sono già un ricordo lontano: ora esiste solo la fluidità del gruppo.

Federica Monterisi

Masterclass con Fabrizio Favale per danzatori professionisti tenutasi il 28 settembre 2017.

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView