Il festival estivo si è chiuso a Epidauro con due serate sold out (ventimila spettatori) per gli Uccelli, produzione dell’Onassis Cultural Centre. L’attore-regista Nikos Karathanos non ha smentito la fama di fantasioso e creativo “cantastorie”, come nelle sue ultime fortunate regie (avevamo segnalato il suo Decameron del 2014).

Karathanos ha giocato sullo spiazzamento del pubblico, a più livelli. Ad esempio, i non addetti ai lavori sono accorsi a Epidauro per la presenza eccezionale della cantante Natasha Bofilou, che vanta un amplissimo seguito di ammiratori, ma la star è, all’interno del Coro, una figura discreta e misurata; la voce dell’Usignolo è invece affidata a Vassilikì Driva, impiegata statale affetta da nanismo. Sarà lei a descrivere, fra scrosci di applausi commossi, la cosmogonia che deriva dall’unione di Caos ed Eros, invitando il pubblico a mettere le ali e a credere nell’impossibile. La stessa affettuosa accoglienza è riservata all’altro non-attore Ghiannis Sevdikalis, nei panni dell’onnipotente Zeus, un atleta che ha perso le gambe e si muove con protesi artificiali (partecipa alle Paralimpiadi di Rio 2016). La soluzione più inattesa riguarda però la resa dei personaggi-uccelli: nessuna traccia di ali e piumaggi sgargianti che riempivano i manifesti e il teaser a cura dell’ufficio designer Betroot. Karathanos ha spiegato infatti ai giornalisti che voleva creare un’opera-terapia contro la paura: “Non avremo ali, ma tenteremo di alzarci da terra e di volare pur sapendo che potremo cadere, ma occorre osare e slanciarsi verso una felicità forse inattingibile” (“EfSyn” 13.08.2016).

L’operazione non è semplice. In Grecia misurarsi con gli Uccelli di Aristofane significa esporsi a un inevitabile confronto: il grande regista Karolos Koun nel 1959 realizzò un allestimento leggendario, presto divenuto cult grazie ai volteggi di un Coro in perpetuo movimento, protagonista indiscusso della pièce, grazie alla scenografia frugale e simbolica e alla splendida musica del compositore Manos Chatzidakis, ancora oggi amatissima. Il governo di destra vietò lo spettacolo con accuse pretestuose, suscitando polemiche e dibattiti, ma Koun portò i suoi Uccelli all’estero, dove trionfò, ottenendo importanti riconoscimenti. La riconsacrazione in Grecia avvenne in un momento cruciale, nel Paese appena liberato dalla dittatura dei Colonnelli (Epidauro 1975). L’opera fu sentita come un inno corale alla grecità, il simbolo della libertà contro ogni tipo di censura; e, negli anni successivi a grande richiesta, fu rappresentata più volte secondo la regia di Koun (scenografia, costumi, coreografie e musiche originali). Se per il pubblico greco dunque gli Uccelli di Aristofane sono ormai un classico inseparabile dall’impronta di Koun, per i registi ancora oggi è difficile svincolarsi da quello spettacolo: i pochi tentativi si presentano in continuità con il modello; ad esempio spesso viene mantenuta la musica di Chatzidakis, che il pubblico riconosce subito e canta insieme al Coro.
Karathanos invece ha spiazzato tutti, ignorando volutamente la via tracciata da Koun: il prodotto finale è una lettura personalissima dell’opera aristofanea, che forse non resterà alla storia, ma è l’inizio di un percorso che tenta di rileggere l’antico in autonomia.

L’atmosfera è fiabesca. Sulla scena, sopra una pedana è ricostruita una sorta di isola, con alberi tropicali e bianche nuvole appese ai rami, un piccolo Eden che sarà arricchito da altri alberi e cespugli portati dagli uccelli, nella rituale e gioiosa costruzione dell’utopia. Lo spettacolo è un grande gioco, una girandola di effetti speciali eterogenei e non sempre lineari: musicisti in bermuda e camicie hawaiane, alcune attrici del Coro a seno scoperto, Tereo è una vedova in nero con le mutande calate, la dea Iride appare in costume da carnevale brasiliano, una regina Elisabetta muta sfila più volte in scena. Il ritmo è sempre concitato: c’è chi si cimenta in evoluzioni circensi fra i rami degli alberi e chi gioca con i getti d’acqua che piovono sulla scena e su parte del pubblico. E poi, lanci di torte in faccia, lazzi comici surreali alla Beckett della coppia Pisetero (lo stesso Karathanos) ed Evelpide (Aris Servetalis), il tutto accompagnato da musica che spazia dal repertorio tradizionale ai ritmi latini, fino alla techno. Si tratta di una fantasmagoria rutilante, impostata sull’immagine e su un’attenzione speciale alla corporeità. Il tutto all’insegna di uno sguardo infantile ingenuo e non privo di poesia, come nella scena dal sapore felliniano in cui tutti si uniscono in una danza liberatoria, con le mani alzate verso un pallone luminoso (la Luna? L’uovo primordiale della cosmogonia?).

Occorre però evidenziare che Karathanos ha seguito una sola delle tanti correnti tematiche che vibrano nell’opera aristofanea, arrotondando certi spigoli e annullando il discorso politico. Il regista è interessato a mostrare il momento del concepimento e della realizzazione dell’utopia ed elimina pertanto il campionario di ridicola umanità che cerca di ottenere la cittadinanza di Nubicuculia, cambiando anche il finale in cui Pisetero non sposa, come accade nell’opera del commediografo, Basileia, simbolo del potere supremo che prelude a una nuova tirannia. Aristofane mostrava l’utopia e anche la sua crisi, Karathanos sceglie invece di presentare “una favola magica, inondando lo spettatore di effetti visuali e danze sfrenate, intrecciando il pop a semi di riflessione filosofica. E, se è da riconoscere al regista un’onestà sincera nelle intenzioni, l’esito è però un collage di idee non sempre coeso, che talvolta sembra dimenticare le grandezze drammatiche dell’originale” (Ileana Dimadi, “Athinorama”25.08.2016). Una proposta forse imperfetta, ma feconda di stimoli. Per Karathanos dunque l’utopia è un’isola onirica o un’oasi delle favole; oppure l’utopia è quella dimensione di concordia raggiunta nel finale dello spettacolo, quando tutti gli attori in fila si sussurrano all’orecchio un segreto. Una condivisione gioiosa che è ideale, e al tempo stesso, chissà, raggiungibile.

A margine delle avventure aristofanee a Epidauro, è significativo soffermarsi su un episodio curioso, scatenatosi a proposito dell’allestimento del Ploutos del grande attore e regista Ghiorgos Kimoulis, affiancato da due attori di sit-com televisive (Nikos Bezos e Petros Filippidis), notissimi al pubblico greco. “Nell’attuale società, in cui il denaro costituisce ormai il fondamento di tutto il sistema di valori, questo mio spettacolo si concentra su un aspetto della commedia di solito trascurato: alla fine dell’opera, Aristofane insedia il dio Ploutos nello Stato stesso e così, dato che tutti i beni necessari saranno pubblici, i cittadini potranno cercare la vera ricchezza nelle idee e nei valori, che forse hanno dimenticato”, dichiara il regista (“Ethnos” 01.07.2016). La sfida è quindi affrontare un tema di grande attualità, per risemantizzare la parola “ricchezza” al di là del potere economico.
Dopo il debutto a Epidauro, come è tradizione, lo spettacolo è partito in tournée, toccando molti teatri disseminati per la Grecia, e ha scatenato l’anatema del metropolita Ambrosios della città di Eghio (40 Km da Patrasso), che, con una lettera di fuoco sui giornali, ha invitato la popolazione a disertare i teatri: “In un punto emblematico della commedia, il signor Kimoulis, uomo di sinistra, si è rivolto al pubblico e in particolare ai giovani e li ha spinti a reagire contro le istituzioni: questi suoi proclami rivoluzionari, altamente offensivi e pericolosi, rinviano a tristi momenti del nostro passato” (“iefimerida” 15.07.2016). Kimoulis risponde dalla sua pagina Facebook, con un messaggio irriverente e carico di humour, subito apprezzato dal popolo del web: il regista ringrazia Sua Eminenza per l’inattesa pubblicità allo spettacolo e soprattutto per le risate che la sua indignazione anacronistica ha regalato a lui e a tutti gli interpreti…
A riprova, se ce ne fosse bisogno, che la forza di Aristofane non è per nulla sopita!

Gilda Tentorio

Uccelli di Aristofane
regia di Nikos Karathanos
19-20 agosto 2016

Ploutos di Aristofane
regia di Ghiorgos Kimoulis
1-2 luglio 2016