“Benvenuti a Gualtieri, uno dei borghi più belli d’Italia”. Non si fa in tempo a leggere il cartello all’ingresso di questo paesino della bassa reggiana che già è ora di andarsene. Bisogna infatti tornare indietro, guidare lentamente e svoltare all’incrocio giusto per ritrovarsi in una piazza che merita di entrare nella graduatoria delle più belle d’Italia. In questo suggestivo luogo si è svolta dal 3 al 5 ottobre la prima edizione del Festival Direction Under30, definito dagli stessi organizzatori, tutti rigorosamente under 30, un festival di mutuo soccorso per chi non ha ancora compiuto i fatidici “enta”.

La rassegna è nata allo scopo di rovesciare logiche radicate e trovare spazio (almeno in ambito teatrale) per questa fascia d’età oggi spesso sommersa o schiacciata tra precarietà e disillusioni. Anche l’architettura e la disposizione degli spazi aiutano la metafora a Gualtieri. Infatti, si accede al teatro Sociale, sede della manifestazione, dal retro dell’edificio, riconvertito e adeguato dopo la ristrutturazione. All’interno, il pubblico si siede dove un tempo c’era il palco. Non è storia nuova, del resto, che i giovani debbano trovare i propri luoghi e i propri spazi. Quelli delle generazioni precedenti non vanno più bene.
Il rischio, per Direction Under30, era quello di finire nella categoria dei festival autoreferenziali, limitati alla provincia o poco oltre. E invece, critici, compagnie e pubblico hanno risposto da tutta Italia.

I sei spettacoli in scena hanno toccato sei temi diversi, agli antipodi uno dall’altro. Se la compagnia Amor Vacui con This is the only level ha declinato il tema della gioventù vessata nel mondo del lavoro trasformando la realtà in un videogame, le ragazze di Agave Teatro si sono dedicate alla rilettura di Goldoni, nel tentativo di evidenziarne l’attualità. VicoQuartoMazzini, compagnia che vanta un consenso crescente, ha riproposto al pubblico il suo spettacolo di punta Diss(è)nten, già premiato in precedenti occasioni. I tre ex-allievi dell’accademia Nico Pepe di Udine hanno ritratto una spaventosa stanza dei bottoni, gettando un’inquietante luce, bluastra, suimeccanismi del potere.
Anche la compagnia Ortika si è dedicata ad un tema molto serio: i C.I.E. (Centro di identificazione ed espulsione per stranieri). Alice Conti, attrice e regista dello spettacolo, in un intenso monologo di oltre un’ora riesce a tener alta l’attenzione e restituirci voci da un mondo lontano. Non sceglie però la via più facile, non sono i “buoni” a parlare, ma quelli che sono dall’altra parte. Né i confini territoriali, né quelli morali sono, alla fine dei conti, poi così nitidi.
Chi ama brucia –Discorsi al limite della frontiera conquista il pubblico, tanto da vincere il premio della giuria.
Gli ultimi due spettacoli, Rooms 2.0- Drammaturgia per attrice e coro web e Io, mai niente con nessuno avevo fatto, sono i più introspettivi. La compagnia About:blank con Rooms 2.0 si dedica ad indagare il fenomeno degli hikikomori (giovani che per scelta si auto-esiliano dalla vita sociale, comunicando con il mondo esterno solo attraverso i social media). La messa in scena cattura per il “coro web” composto da lampadine, effetti video e sonori che movimentano il lungo flusso di coscienza della protagonista, che a tratti ricorda una crisi post-adolescenziale irrisolta.
I siciliani di Vuccìria Teatro vincono invece il premio della critica. Io, mai niente con nessuno avevo fatto affronta il tema dell’omosessualità e della malattia con delicatezza ed empatia trasportandoli in una terra viscerale e arcaica, ispirandosi ai maestri del teatro siculo. I giovani attori riescono a conquistare il pubblico grazie alla delicatezza e all’empatia con cui affrontano questi temi.

Tra bellezza del luogo e qualità degli spettacoli visti, ci sono tutti i presupposti per far crescere questo festival anche nei prossimi anni. Chissà se, nel frattempo, i protagonisti di questa prima edizione riusciranno a raggiungere “la piazza” principale.

Alessia Calzolari