Giacomo, Teatro dei Borgia

foto: Elisa Vettori

Il parlamento in un garage. L’ex rimessa carrozze, più che un parcheggio, ci ricorda una grande cantina, con la sua fresca umidità, arcipelaghi di macchie a interrompere il bianco delle colonne, e un soffitto piuttosto basso con travi di legno. Mentre ci inoltriamo nel buio, qualcosa attira il nostro sguardo. In fondo, là dove ci saremmo aspettati  bici da riparare e montagne di scatoloni, emerge una rovina dei seggi di Montecitorio: i teli svolazzanti che lo ricoprono gli conferiscono un’aria spettrale. Pare sepolto lì da cent’anni, questo rottame dello stato italiano, pare ne abbia tante di cose da raccontare. Per questo, nell’antico garage di Pergine, non stona affatto.

Riccardo Corcione


Ombelichi tenui – Ballata per due corpi nell’aldilàFilippo Porro e Simone Zambelli

foto: Elisa Vettori

Lo spazio dell’Ex rimessa carrozze ha voluto donare una parte di sé alla performance: i cubi di pietra bianco sporco sembrano estratti direttamente dalle colonne portanti e dalle pareti di questo garage fuori dal tempo. Di varie dimensioni e forme, posti l’uno sopra l’altro o disposti variamente nello spazio scenico, i massi giocano con la luce modificando la percezione del proprio volume e della propria struttura. La connessione tra il luogo e gli oggetti di scena ci permette davvero di entrare in sintonia con un altrove non precisamente delineato, certamente distante da noi. Ci ritroviamo immersi in un luogo e in un tempo arcaici, che tentano di comunicare col presente in un linguaggio ancora indecifrabile e incompreso.

Alice Strazzi


Soft Skills but StrongElisabetta Consonni

foto: Elisa Vettori

Salire le scale polverose dell’antico palazzo Gentili-Crivelli di Pergine è come allontanarsi dal presente del festival e ripercorrere all’indietro i secoli: in cima, ci attende una stanza che sembra sospesa fuori dal tempo. La sala è vuota, fatta eccezione per una grande lampadina che pende dal soffitto. L’alone di luce colora di azzurro polvere la vecchia carta da parati, disegna ombre sui muri e guizzi opalescenti alle finestre. Gli spettatori non osano avvicinarsi e rimangono in piedi lungo le pareti, protetti dalla penombra. Come falene attirate dal chiarore, non possono distogliere lo sguardo dalla luce in attesa che qualcosa accada.

Chiara Carbone


Harvest, Sauf le dimanche

foto: Elisa Vettori

Sulla bianca facciata del municipio campeggia, appena sopra il balconcino dove terminano due scalinate laterali, una civetta in ferro battuto, che guarda severa il pubblico in arrivo. Ma è l’unico sguardo ostile, considerati gli avventori dei due bar e del ristorante sui lati della piazza, i cui tavolini invadono lo spazio e prolungano in qualche modo le vie che portano al centro. Questo classico luogo in cui non si può non passare se si visita Pergine ha appunto come caratteristica principale l’imprevisto, l’incontro fortuito, sotto forma sonora, visiva, di odore e persino di contatto. Ma la performance del quotidiano e la scenografia dello spazio si attivano a patto che il passante si fermi in un punto imprecisato, e diventi spettatore: o meglio, si ricordi di esserlo sempre stato.

Riccardo Corcione


Augmented Memopstudio

foto: Elisa Vettori

L’ambiente rettangolare dell’Ex rimessa carrozze diventa la scatola di un altro contenitore, un cilindro le cui pareti non sono più di cemento, né verniciate di bianco, ma semplicemente di telo trasparente. Nel buio assoluto l’orientamento e la percezione dello spazio vacillano. Le luci candide delle proiezioni, con le loro geometrie lattiginose, catturano gli sguardi di noi spettatori: disegnano altre stanze, altri luoghi, altre città… e soprattutto, lo spazio dell’interiorità.

Riccardo Corcione


Heavy Kinship #8: Water, Flesh and RockNana Francisca Schottländer

foto: Elisa Vettori

Sarà anche banale, ma il paesaggio che il porfido di Fornace concede al gruppo di visitatori somiglia tanto a un libro. Questa roccia magmatica, tra il grigio e il marrone, ha la caratteristica di creare strati lineari, che quando riemergono su pareti verticali assomigliano ai bordi delle pagine di un volume semiaperto. E sentiamo che hanno tante storie da raccontare, queste rocce vecchie vari milioni di anni, soprattutto le pietre squadrate cadute l’una sull’altra fra cui ci inoltriamo, a cui chiediamo di parlarci, anche in una lingua che non abbiamo appreso. Questo contatto guidato ci fa tornare alle origini della performance, a un’esperienza di risignificazione del tempo e della natura.

Riccardo Corcione


TiresiasBluemotion

foto: Elisa Vettori

Il Teatro Comunale, terminate le performance partecipate, riporta Pergine festival a una dimensione più classica e formale, almeno per una serata. Questa sala di recente costruzione, tecnicamente ineccepibile, è finalizzata a una visione e a un ascolto perfetti dell’oggetto spettacolo, mantenuto sempre a debita distanza dal soggetto spettatore – basti vedere lo spazio fra proscenio e prime file. E lo spettacolo che sta per cominciare, tratto da un testo poetico di grande densità, ci invita proprio alla concentrazione, a un distacco lucido. Il rosso con cui è accolto il nostro prendere posto non contrasta con questo, pare anzi richiamare una camera oscura, necessaria a sviluppare le immagini catturate.

Riccardo Corcione


BildungMalmadur

foto: Elisa Vettori

Nel garage dell’Ex rimessa carrozze si imparano cose. In questo piccolo laboratorio sono sufficienti pochi strumenti, distribuiti nello spazio senza un ordine preciso: un tappeto di gomma, un proiettore, un dizionario della lingua italiana, vari computer, una lavagna – simbolo per eccellenza dell’apprendimento. Mentre il gesso si deposita a terra, fra cerchi perfetti e calligrafie romantiche, anche il pubblico ripensa al tempo trascorso in questa fatica, a volte piacevole, altre frustrante. Ma stavolta si sente gruppo: anzi, specie.


foto di copertina: Elisa Vettori

Contenuti creati nell’ambito dell’osservatorio critico di Pergine Festival 2022