Mentre al Piccolo Teatro di Milano c’è grande attesa per la prima parte della LehmanTrilogy di Stefano Massini, Atene ha accolto con curiosità e interesse Donna non rieducabile, il suo memorandum teatrale su Anna Politkovskaja, in scena al Centro multimediale KET (quartiere Kypseli) fino al prossimo marzo 2015. Molto apprezzato il suo intervento appassionato in un’intervista al quotidiano Eleftherotypia (1.11.2014), in cui l’autore dichiara: “il teatro è la sala chirurgica della storia contemporanea. […] Una delle armi più antiche della Democrazia ed è l’unico vero luogo in cui possiamo conoscere la nostra epoca”.

Parole che trovano eco negli intenti della seconda edizione del Festival TRANSITIONS che si è svolto nel mese di novembre presso la Casa delle Lettere e dell’Arte. Si tratta di un festival che si caratterizza come “geopolitico” e vuole approfondire il dialogo culturale con le comunità che negli ultimi decenni hanno vissuto cambiamenti radicali e trasformazioni politico-economiche. Lo scorso anno il focus era sui Balcani, terra a cui la Grecia si sente legata da vincoli profondi; il 2014 è stato invece l’anno dell’America Latina (Argentina, Cile, Brasile, Colombia), con spazio soprattutto ad artisti giovani, nati durante le dittature e testimoni del difficile passaggio alla democrazia della globalizzazione, passando attraverso gli spettri del crack economico.

Nell’anniversario dei 110 anni dalla morte di Cechov, ad Atene si preparano molte rivisitazioni: in questi giorni ha esordito Zio Vanja (teatro Horn), e la stagione prevede Il giardino dei ciliegi, Il gabbiano, Platonov e alcune riscritture che si ispirano al Maestro russo.

Fra le produzioni più originali che ci segnalano i colleghi di The Greek Play Project, un’indagine sui rapporti di genere, Donna e lupo dell’interessante autrice Elena Penga (Teatro Comunale del Pireo, regia di Elli Papakonstantinou): la protagonista, Donna (senza nome), docente universitaria, decide di abbandonare tutto, compagno, amici, carriera, per una passione incontrollata e indomabile. Nei giudizi degli altri ecco che la “donna”, ammirata e rispettosa delle convenzioni sociali, si trasforma in “lupo”. E’ una Nora contemporanea che esce dalla Casa di Bambola di Ibsen e cerca una via di fuga nella corporeità e nella spontaneità dei sensi. Anch’ella è figlia della crisi che attanaglia il Paese: in questi tempi difficili – spiega l’autrice – tutti siamo diventati più duri e selvaggi. La cosa migliore è conciliarsi con il lupo che è dentro di noi, per spezzare stereotipi e vincere la disperazione, ritrovando forse un giorno anche la nostra umanità.

Un lavoro singolare è Corruzione della compagnia Reon (basato sul testo di Dimitris Tsekouras). Non si tratta di un’ennesima denuncia dei privilegi della casta politica, bensì di una riflessione sul tempo che scorre lungo una via a senso unico, verso la fine e la consunzione materiale definitiva. A guidare questa “conversazione fantastica”, come recita il sottotitolo, è un personaggio immaginario, Rafail Esthitòs. Ma l’originalità dell’esperimento sta soprattutto nella location, cioè il caffè “Mourià” (Gelso) aperto nel 1915 e ancora in attività nel quartiere centrale di Atene, a Exarchia. L’attore-personaggio entra trafelato nel caffè, come proiettato improvvisamente nella nostra epoca e la sua irruzione avviene fra avventori consapevoli (gli spettatori) e altri invece ignari. Comincia il suo monologo surreale, che tocca snodi esistenziali importanti e approda infine ad una luce di speranza: tutto svanisce, per effetto dell’imperante legge della corruzione. Solo le opere d’arte restano. E poiché non esistono in nessuna epoca monumenti alla crisi, anche l’attuale baratro in cui la Grecia si sente precipitata, non lascerà traccia negli anni a venire. Quale la soluzione? Riempire le nostre vite di Bellezza: in questo modo, prima di cadere anche noi preda della consunzione, potremo allentare la sua minaccia e trovare un senso a questa vita a cui siamo abbarbicati.

Gilda Tentorio