Nome e cognome
Francesca Penzo.

Cosa ti rende indispensabile per Fattoria Vittadini?
Il mio cuore.

Chi è il tuo maestro?
Credo innanzitutto che il maestro sia dentro di te, e non lo dico perché penso in modo superbo di essere un maestro, ma perché l’esperienza artistica, alla fine dei conti, è solo tua. Se devo cercarlo al di fuori di me, direi  sicuramente Enzo Cosimi. Ho avuto la possibilità di lavorare con lui in una tournèe di quattro anni, un’esperienza che mi ha dato moltissimo. Credo che sia un genio, quindi poter essere parte di un lavoro così lungo insieme a lui è stato davvero esaltante!

Quale lavoro di Fattoria Vittadini ti rappresenta di più?
Unraveled heroes, un lavoro di Maya M. Carroll che Fattoria Vittadini ha realizzato due anni fa. Per me è stato molto importante come performer, sia per il lavoro personale sul corpo, sia per il rapporto tra la compagnia e la coreografa (lei è venuta qua in Italia e noi siamo andati a Berlino), sia perché ci siamo ritrovati di nuovo in sette in scena dopo anni che non lavoravamo più in così tanti. Credo che con il suo lavoro abbiamo fatto, in quanto gruppo che lavora insieme, un salto di qualità: è stato proprio sentire che si stava crescendo e che non eravamo più gli amici della compagnia, ma un gruppo professionista che aveva assunto ormai un suo livello di qualità.

Cosa fai prima di salire sul palco?
Chiudo gli occhi e respiro.

Cosa c’è a casa tua che ricorda la danza?
C’è un poster del Der Fensterputzer (“Il lava vetri”) di Pina Baush che ho visto dal vivo a Bologna: è un lavoro che mi ha cambiato proprio la vita.

 I primi anni di Fattoria Vittadini … in 10 parole.
Amore, desiderio, rigore, coraggio, sala danza, equilibrio, crescita, famiglia, passione.

a cura di Miriam Gaudio