«È molto lontana l’Islanda! È vicino Padova, l’Islanda!»: ciò che il tormentone dell’ormai celebre bambino vicentino di uno Zecchino d’oro del 1994 racconta non è così discordante dall’immaginario comune sulla seconda isola d’Europa. L’Islanda è un paese freddo, distante, fuori dall’ordinario. Un altro, piccolo mondo, un altrove esotico, che tuttavia ci è più vicino di altri esotici “altrove”. Per non parlare della straordinarietà naturale (lava e ghiaccio, geyser e aurore boreali, notti di poche ore…), che ne fanno un’apprezzata meta turistica. Non è un caso se proprio da lì comincia il Viaggio al centro della Terra di Jules Verne.
Le curiosità e statistiche non fanno che arricchire questa eccezionalità: l’Islanda è uno dei pochi paesi europei ad aver raggiunto un’indipendenza recente (1944) e senza guerre; la popolazione (di cui circa la metà si concentra a Reykjavík) supera appena quella del Molise e non raggiunge il numero dei cittadini di Firenze; la capitale ha avuto come sindaco un comico con gruppo di punk anarchici al seguito; c’è stata una piccola cold war con gli Inglesi, una Cod war giocata sulle zone di pesca del merluzzo che chiamò in causa persino la NATO. E che dire delle eccellenze sportive e artistiche: vi ricordate la qualificazione agli Europei di calcio 2016 e lo storico passaggio agli ottavi contro l’Inghilterra? E come non menzionare i musicisti islandesi, fra cui, oltre Björk, non possiamo dimenticare i Sigur Rós e i Múm? E gli scrittori islandesi, dal premio Nobel Halldór Laxness fino a quello sfiorato da Jón Stefánsson? Tutto ciò è innegabilmente sorprendente, appena si torna a considerare la bassissima densità abitativa islandese: niente male per un Molise ghiacciato!
Se la redazione di Calapranzi dedica un focus all’Islanda è perché fra queste eccellenze possiamo evidenziare anche un caso drammaturgico. Le cause sono tante. Potremmo soffermarci sulle attività virtuose e sulle numerose produzioni dei teatri: fra quelli pubblici spicca – oltre al più popolare e storico teatro nazionale Þjóðleikhúsið, che ha uno spazio dedicato al giovane teatro di ricerca, Loftið – il moderno teatro comunale di Reykjavík Borgarleikhúsið, un’imponente struttura fuori dal centro storico che produce ogni anno molti testi islandesi. Interessanti anche alcune realtà a gestione privata, sia perché non si concentrano tutti nella capitale (il piccolo teatro di Gaflaraleikhúsið a Hafnarfjörður, ad esempio) sia per la storia rivoluzionaria di alcuni di essi: è il caso del teatro Tjarnarbíó, un’antica gelateria convertita in cinema nel dopoguerra e poi a partire dagli anni ’60 centro propulsore del teatro di ricerca islandese. Potremmo poi sottolineare l’importanza di una realtà come l’Association of Independent Theater in Iceland (AITI), ex Alliance of Professional Theatres Companies (1985), che supporta a livello organizzativo e produttivo più di cinquanta compagnie indipendenti, oppure il ruolo propulsore dell’Iceland University of the Arts. E infine i festival, come la grande edizione del Fringe, il Reykjavík Arts Festival, o una perla fuori Reykjavík come il Hvammstangi International Puppet Festival di Hvammstangi, oppure ancora l’interessantissimo LÓKAL, un festival dedicato ai processi di ricerca artistica ospitato da Tjarnarbíó.
Una caratteristica ha attratto la nostra attenzione: la giovane età dei drammaturghi islandesi, che – a differenza di altri paesi – si fa fatica a definire emergenti visto la straordinaria diffusione nei maggiori teatri nazionali e internazionali. Sarà che questa giovinezza l’Islanda ce l’ha iscritta nella terra, visto che è uno dei territori di più recente formazione geologica, con soli 20 milioni di anni rispetto ai 4 miliardi del resto della crosta terrestre? Oppure per una “gioventù al potere” che sta diventando prassi, dopo lo scandalo dei Panama Papers che ha coinvolto l’ex primo ministro: oggi, la premier è una laureata in Lettere di nome Katrín Jakobsdóttir, 45 anni.
Dopo la Catalogna e l’Austria, Calapranzi torna a esplorare una zona poco illuminata del panorama drammaturgico europeo, ma non meno ricca e feconda di altre – soprattutto se giochiamo al gioco delle proporzioni. Tutte formate e consolidate in Islanda, le nuove voci che ospiterà il nostro focus sono state notate al di fuori dei confini nazionali e messe in scena in festival internazionali e teatri importanti, come il festival d’Avignone o la Schaubühne di Berlino, pur continuando a gravitare attorno ai teatri islandesi e in generale di area nordica (Danimarca, Svezia e Norvegia). Per noi italiani, questa cura islandese per le proprie drammaturghe e per i propri drammaturghi risulta, ancora una volta, a dir poco sconvolgente. Tanto che saremmo tentati di mettere anche questa fra le bizzarrie delle guide turistiche…
Sarà allora interessante capire, ora che ci avviamo a percorrere in lungo e largo quest’isola della drammaturgia, come i testi si adattano e diversificano davanti a tanta fertilità. Ce ne sarà per tutti i gusti, infatti: da testi sperimentali a storie ben raccontate, da voci in versi a drammi familiari in prosa, dall’eco di antiche leggende fino alle proteste politiche. Per indagare a fondo la freschezza di questo ventaglio di voci, cercheremo di andare dritte/i al punto, dedicando il focus al drammaturgo più giovane, Tyrfingur Tyrfingsson (1987).
E alla fine del viaggio, magari, l’Islanda sarà davvero vicina a Padova.
Riccardo Corcione
Questo contenuto è parte della rubrica Calapranzi – focus Islanda