A fine spettacolo, proprio prima degli inchini, gli attori mi applaudivano e io applaudivo loro. Entertainment, una commedia in cui tutto è possibile, andato in scena al Lavoratorio per la regia di Gianni Farina, finiva così: un applauso a specchio tra attori e spettatori. Il Lavoratorio è un luogo in cui si fa teatro, ma non è un teatro: sarebbe meglio definirlo un’officina. Portare lo spettacolo in uno spazio atipico come questo ha presupposto che la scenografia si adattasse: una pedana rialzata e spoglia, alcune sedie disposte in fila, i due attori lì seduti, ben vicini al pubblico, secondo una prossemica volutamente invadente.

Il testo è di fatto un dialogo serrato a due sole voci, allusivo e assurdo, che ricorda vagamente quello della coppia Willie e Winnie in Happy Days di Beckett. Il testo del 2020 del drammaturgo russo Ivan Vyrypaev, tradotto da Teodoro Bonci del Bene, racconta di una coppia ai primi appuntamenti. I due, indicati con lui e lei nel testo, sono gli spettatori di una commedia d’amore in cui Steven, uomo sposato, viene sedotto dall’amante Margot e tradisce così la moglie Rebecca.
L’intero spettacolo ha un andamento oscillante. Nei primi minuti si è catapultati in un gioco metateatrale in cui lui e lei, vestiti in maniera elegante, prendono posto e interpretano alternativamente la coppia di amanti, Steven e Margot, e gli spettatori che guardano quella coppia. Il gioco di scambi procede come un ping-pong fino alla scena clou: un bacio, passionale, dopo il quale ritornano a interpretare due anonimi spettatori. Tamara Balducci e Francesco Pennacchia mettono magistralmente in scena un bacio di tradimento, ma subito dopo cambiano prospettiva e, diventando spettatori di quello stesso bacio, ne parlano come estraniati. Di qui la parabola drammaturgica inizia la sua discesa, mentre lui e lei riflettono sulla rappresentazione dell’amore e del sesso a teatro senza arrivare a una soluzione che li metta d’accordo.

Dopo il bacio che è tardato ad arrivare a causa di Rebecca, assente eppure ingombrante tra i ricordi, il dialogo tra i due diventa sempre più allusivo e sempre meno concreto, costellato di interrogativi esistenziali: dove finisce la realtà e dove inizia la finzione? Si può amare qualcuno che non c’è? Si possono servire due padroni? Mentre la tensione lentamente si scioglie e il tempo si dilata, in una ciclicità quasi disturbante tra domande che non trovano risposta, le luci – fino ad allora fisse, e curate da Luca Telleschi – cambiano. Un raggio verde e innaturale scalfisce la bellissima parete in pietra del Lavoratorio, quasi un’aurora boreale a illuminare il dialogo finale. Ci si concentra meglio così sullo scorrere del tempo. Mentre il colore sfuma lentamente, le ultime battute, che si ripetono in loop, si trasformano in un brusio fino a svuotarsi di significato. Non le si ascolta più: l’attenzione è catturata dalla luce sempre più fioca e dalla musica in sottofondo, comparsa ad avvertirci che il patto di finzione è terminato, lo spettacolo concluso.

Le luci rivolte verso gli attori si accendono, e loro ci abbagliano con espressioni forzatamente liete. Un lieto fine simulato: il fattore comico è stato usato come motore per parlare di temi che avremmo invece voluto tacere. La commedia – la simulazione – è finita o, come direbbe la Winnie beckettiana, è finito «un altro giorno divino», in cui tutto è stato possibile, in cui tutto è stato semplicemente «intrattenimento».

Eugenia Tafi


in copertina: foto di Ilaria Scarpa

ENTERTAINMENT
una commedia in cui tutto è possibile
di Ivan Vyrypaev
con Tamara Balducci e Francesco Pennacchia
regia Gianni Farina
traduzione Teodoro Bonci del Bene
immagine Magda Guidi
voice over Consuelo Battiston
tecnica Luca Telleschi
organizzazione Marco Molduzzi, Maria Donnoli
logistica Greta Mini
comunicazione e promozione Maria Donnoli
produzione Le Città Visibili, E production/Menoventi
si ringraziano l’associazione L’Attoscuro e il Comune di Montescudo – Monte Colombo

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico Officina Critica #2