Paola Galassi, attrice e operatrice di teatro sociale, ha fondato Praxis, associazione e collettivo artistico insieme a Giulia Scotti e Lucia Invernizzi. Il gruppo nasce dopo aver vinto il bando “Città mondo”, con un progetto che lavorava sul quartiere di edilizia popolare di San Siro attraverso laboratori di teatro sociale per giovani e anziani, ed esplorazioni urbane performative. Paola ha iniziato a San Siro, ma in realtà la sede della sua associazione è casa sua, in Martesana. Per questo dall’anno scorso ha iniziato a collaborare con il Fringe e quest’anno rappresenta una delle anime del quartiere Martesana.
Il collettivo Praxis ha due “rami”: uno che riguarda i progetti territoriali, quindi i laboratori di teatro, le escursioni performative e le esplorazioni con la cittadinanza; l’altro che si occupa di produzione teatrale in un senso più stretto, con spettacoli che hanno alla base un aspetto di ricerca sul campo, prendendo in prestito alcuni strumenti dall’etnografia. Perché il territorio della Martesana è importante per te e la tua associazione? 

Noi, rispetto ad altre realtà che lavorano in quest’area, siamo un gruppo un po’ più nomade. Il legame che c’è qui con la Martesana è dato, per ora, dal fatto che abbiamo incominciato a lavorare al progetto QUBÌ Loreto e quindi abbiamo fatto rete con altre associazioni e realtà sul territorio. Abbiamo realizzato una parte di laboratori teatrali nei campi estivi dei quartieri negli ultimi due anni e quest’anno ho lavorato insieme a un gruppo di adolescenti a un laboratorio di esplorazione di tutto il Municipio 2, con uno spettacolo finale che avrà come tema centrale proprio il territorio raccontato da un gruppo di quattordicenni. Un’altra attività che ci ha legato al territorio è stata l’affiancamento a un gruppo di volontari di Drago Verde, una brigata che si occupa dei senza dimora che ogni settimana distribuisce pasti e vestiti (e non è un caso se lo spettacolo del nostro Fringe parlerà proprio delle loro storie). Ci piace la Martesana perché è un territorio-piazza, che accoglie tantissima diversità sia a livello etnico sia a livello subculturale. In particolare, lo troviamo un terreno fertile per la tipologia di sguardo che ci piace avere, ossia aperto, non giudicante, curioso e che vuole portare anche pensiero critico e mediazione. La costruzione della comunità di questo territorio risponde a uno dei cardini della nostra associazione.

Più in generale, cosa ti aspetti dal futuro per l’area Martesana e le zone limitrofe? Come si evolveranno questi luoghi, secondo te?

C’è da dire che il nostro non è un quartiere: la Martesana è un’area molto ristretta e nel mio immaginario sarà un territorio sempre più attrattivo. Negli ultimi tempi, infatti, hanno aperto molti spazi, soprattutto spazi ibridi tra la ristorazione culturale e l’area sportiva, quindi mi immagino che continuerà ad attirare questo tipo di attività: da una parte si tratta di un piccolo polmone verde, dall’altra credo che, purtroppo, potranno aprire numerosi locali qui in zona e che si “infighetterà” un po’ di più. Vedo però una spaccatura tra chi frequenta questi locali e chi poi effettivamente vive il territorio. Invece se prendiamo in considerazione la parte oltre il naviglio, quindi Gorla, è ancora molto vuota, le attività fanno fatica a restare aperte e quindi c’è ancora una grossa differenza, nonostante anche lì stiano aprendo spazi molto belli e rinomati. Ciò che, idealmente, troverei interessante per il futuro, sarebbe un processo di cambiamento che arrivasse dal basso e quindi da chi vive il territorio. In generale c’è un legame e un’identità con il territorio molto forte in queste zone, che ospitano persone molto diverse. 

Sembra però che quello che tu vorresti, idealmente, ossia che il cambiamento verso il futuro arrivi dal basso, sia in contraddizione con ciò che in realtà oggigiorno sta accadendo.

Sì, infatti è così. Essendo un territorio un po’ frammentato a livello identitario, sarà molto facile che venga inglobato nel processo di gentrificazione che sta arrivando da NoLo, un po’ come il nulla che avanza (ride). Si tratta, però, di un processo che sta accadendo in varie aree di Milano, quindi non mi sorprenderebbe. In generale, la Martesana mi sembra un polo di sport e cultura, un’area aperta che probabilmente sarà sempre più frequentata, perché le persone sentono sempre più l’esigenza di stare all’aria aperta e quindi i parchi, mi immagino e mi auguro, verranno sempre più curati in quanto risorse preziose per la nostra sopravvivenza. Io abito qui da trentatré anni e la mia solita passeggiatina domenicale sulla Martesana non è mai stata così affollata come ora. Da quando ci sono Cascina Martesana, EastRiver e vari luoghi che hanno fatto conoscere la Martesana, ho cominciato a vedere persone che venivano da fuori e sembrava avessero scoperto un nuovo mondo. Invece la zona di Gorla e le altre bellissime ville lungo il Naviglio e vicino Via Padova rimarranno una sorta di luogo di villeggiatura domenicale per i milanesi.

Immagina di essere una regista che fra qualche anno deve iniziare il suo film proprio un’inquadratura sul tuo quartiere. Come inizia il film?

Il film inizierebbe con delle grandi tavolate da festa domenicale, con palloncini e musica latina, come ora accade, che uniscono un insieme di comunità. Un luogo dove i latini, le comunità arabe, italiane e cinesi si siedono insieme, fanno sport insieme. In Martesana di solito ogni comunità ha il suo sport e il film racconterebbe come tutti gli sport (come pallavolo, canottaggio, le camminate teatrali, lo yoga, i balli latini) sono diventati di tutti e c’è un grande scambio culturale e di tradizioni. La Martesana sarà  poi sempre più piena di orti urbani e di contesti in cui ci si prende cura dell’ambiente e degli spazi di socialità. Così me lo immagino il mio film del futuro.

Valeria Gail Coscia, Gloria Giovanditti