Guerrieri in gelatina (Krieger im Gelee) è un testo del drammaturgo tedesco Claudius Lünstedt (classe 1973), pubblicato nel 2007 dalla casa editrice Verlag der Autoren e tradotto in italiano da Sonia Antinori per il progetto Fabulamundi Playwriting Europe. Si tratta di un testo breve (poco più di una ventina di pagine), ma estremamente denso. È suddiviso in tre monologhi attribuiti ai tre personaggi principali, in ordine: Mervin, un ragazzo ricco e altolocato; Martin un «signore alto e magro» e Katrin, una studentessa di giurisprudenza. Apparentemente queste tre persone non hanno nulla in comune tra loro, ma c’è una quarta figura che le connette: Dieter. Dieter fa il giardiniere per la famiglia di Mervin, è il migliore amico di Martin e convive con Katrin. Dieter è sempre evocato dalle parole degli altri, visto con gli occhi degli altri e vittima inconsapevole delle azioni di Mervin, Martin e Katrin. I nomi dei protagonisti si somigliano e questo è già un indizio: sono molto simili tra loro. Parlano attraverso lunghi discorsi indiretti, in cui descrivono quello che è accaduto o quello che stanno per fare.

La scrittura di Lünstedt è compatta e continua: non c’è punteggiatura, né spazi tra i paragrafi e quasi nessuna didascalia:

MERVIN

mi fermo davanti a casa la lingua di fuori non capisco cos’è successo ho fatto tardissimo ora via dalla strada sbatacchio coi pugni sul cancello mia madre mi ha visto da un monitor apre il cancello io mi liscio i capelli ora per carità non raccontare niente dire che è tutto a posto che qualcuno in metropolitana si è buttato sotto un treno va tutto bene.

In Guerrieri in gelatina tutto avviene nella testa dei personaggi e la parola domina sulle azioni. Il testo è costellato di puntini di sospensione, che sono la traduzione grafica di quelle associazioni inaspettate che per un momento attraversano la mente, ma che rimangono inafferrabili e non si articolano in un linguaggio compiuto.
Il testo di Lünstedt pone una sfida alla regia teatrale: come mostrare il corso dei ragionamenti e delle sensazioni di Mervin, Martin e Katrin? Come far entrare spettatori e spettatrici nell’intimità delle loro menti?
Il pensiero è una dimensione per natura insondabile: invisibile e inaudibile.
Nelle nostre menti siamo padroni di fare e disfare ipotesi, di costruire improbabili scenari, o di sviscerare i nostri desideri. Nel campo dell’immaginazione tutto è possibile. Come restituire questa onnipotenza cerebrale a teatro, dove tutto è assoggettato alle leggi dei corpi e della scena?

Guerrieri in gelatina nella messa in scena di Giuliano Scarpinato nel 2018 al CSS di Udine

Un espediente potrebbe essere quello di utilizzare uno o più microfoni, o un sistema dislocato di voci fuori campo, che crei un’ambientazione fatta di eco. Un’atmosfera sonora che ci indichi che tutto quello che ascoltiamo in realtà non è mai stato pronunciato, ma è rimasto come «un gusto sulla lingua, un cerchio intorno al cuore» (per citare Herman Hesse). L’idea di servirsi di strumenti di amplificazione per dare corpo a pensieri, o ricordi, tradendo la funzione canonica che questi oggetti avrebbero, ossia quella di dilatare le vibrazioni delle corde vocali; è una possibilità scenica che ha indagato, per esempio, il duo Quotidiana.com con la trilogia di spettacoli presentata al festival della Biennale Teatro 2019, nei quali sussurrano attraverso un microfono ad archetto, ponendo il pubblico nella condizione di origliare i loro pensieri più reconditi.
A Venezia, alla Mostra Internazionale dello stesso anno, era allestita un’opera il cui principio di poetica era simile: all’interno del lungo corridoio dell’Arsenale era stata ricavata una stanza con alcune pareti in legno, a cui si accedeva tramite una pesante tenda in velluto scuro. Era un passaggio obbligato: per proseguire nella visita bisognava attraversarla. Una volta entrati, ai nostri occhi si rivelava un curioso scenario: dal soffitto pendevano 100 microfoni, tutti dello stesso modello, da speaker radiofonico anni ’50. Questi oggetti tradivano la loro funzione, perché erano in realtà delle casse che amplificavano voci registrate, che recitavano in diverse lingue del mondo alcuni versi. I visitatori potevano leggere le poesie, datate a epoche diverse, su 100 fogli, collocati in corrispondenza dei microfoni e conficcati su 100 lance-piedistallo. L’opera, For in your tongue, I cannot fit, è un omaggio dell’artista indiana Shilpa Gupta agli intellettuali che attraverso i secoli hanno lottato per affermare la libertà di espressione. In questo caso le voci erano le eco dei morti e l’installazione assumeva l’aspetto di un ossario.

For in your tongue (2017-2018) di Shilpa Gupta

Ma si tratta di un’opzione tra molte: Guerrieri in gelatina lascia aperte infinite possibilità di esplorazione (una, in Italia, è quella messa in scena al CSS di Udine da Giuliano Scarpinato nel 2018). Mentre leggiamo il testo di Lünstedt infatti vediamo quello che accade e notiamo dei particolari ricorrenti, che il drammaturgo semina sapientemente tra le righe per farci ricostruire la vicenda da più punti di vista. La penna di Lünstedt è come una videocamera che inquadra in soggettiva (quella del personaggio che parla) piccoli dettagli, oggetti e gesti, che si imprimono nella nostra memoria e che, quando ritornano nella narrazione, conferiscono un senso ulteriore agli avvenimenti. Per esempio, dal monologo di Mervin, in apertura del testo, sappiamo che lui una sera arriva tardi a casa per cena perché, perso nei suoi pensieri, attraversa tutta la città correndo e nella foga perde il suo foulard scozzese. Martin ci racconta che la sera che ha visto Mervin per la prima volta ha notato il suo abbigliamento («porta roba di qualità… non ha su una giacca ma si è avvolto in un fazzoletto scozzese») e l’ha pedinato. Il ragazzo, secondo lui, sembrava fuggire da qualcosa, finché non è arrivato a casa in un bagno di sudore. Si tratta dello stesso momento, descritto da due prospettive diverse. Come rendere questa compresenza a teatro, un luogo dove la direttrice dello sguardo è unica e centrale? Guerrieri in gelatina è, in un certo senso, un testo cinematografico, una sceneggiatura rigorosa: tre monologhi che si intrecciano, il tempo del racconto è costellato da flashback, tagli, montaggi di frammenti. Il drammaturgo ci suggerisce che l’andamento del pensiero è simile a quello di un film.

Il tempo delle vicende di Guerrieri in gelatina si compie in poche settimane e il motore degli accadimenti è il personaggio di Martin. Martin non lo ammette apertamente, ma da qualche tempo soffre di un non meglio precisato disturbo mentale, di cui Dieter è a conoscenza. Per tenerlo sotto controllo organizza le sue giornate con una routine implacabile: «rigore autoimposto da lunedì a domenica in piedi alle 8 e zero zero lavata la faccia ascoltate le notizie mangiato…uno yogurt puro senza aromi arricchito da fettine sottili di mela due tazze di caffè alle nove e quindici puntuale seduto sulla scomoda sedia di legno…». A un certo punto legge alcune critiche negative sul suo libro preferito. È questa la causa scatenante degli eventi: la sua indignazione si fa volontà di riscattare la reputazione dell’opera.


Da Guerrieri in gelatina

MARTIN

Sono stato obbediente ho deciso di difendere quell’unico libro contro tutte le critiche del mondo esaltarlo ho messo mano alle forbici per liberare uno dei crimini prigionieri nel libro per tradurlo in realtà… per farlo diventare vero ero obbligato a far rispettare lo scolaretto del ginnasio quasi geniale a esorcizzare la sua innocenza la mia missione così chiara non ho battuto ciglio neanche per un istante ho caricato i minuscoli guerrieri in gelatina tra le circonvoluzioni cerebrali stavano per diventare quel che avevano sempre preteso di essere per la realizzazione del compito gli avevo già concesso libertà illimitata ballavano e festeggiavano il definitivo superamento del rigore che mi ero autoimposto buttato a monte quello tutto era permesso un paio di giorni ho mangiato esclusivamente specialità… sono di nuovo uscito di casa ho comprato un paio di scarpe da ginnastica ho bevuto caffè per strada sì e una sera alla fine mi sono messo all’opera per realizzare possibilmente alla lettera l’ultimo dei crimini rappresentati in quell’unico libro.

MERVIN

Anche io niente firma volevo che lo sconosciuto avesse l’impressione che la mia risposta era stata buttata giù di getto in qualche punto mi sono espresso in modo un po’ pomposo per esempio con le parole urbano e singolare non volevo presentarmi come un pivello quando mia madre ha bussato alla porta del bagno per la terza volta ho fatto correre velocemente l’acqua calda nella vasca lei ha protestato… Mervin è proprio necessario che tu ti faccia il bagno due volte al giorno la pelle si secca inutilmente ho aspettato dieci minuti svuotato la vasca lo specchio già appannato… credibile poi un quarto d’ora in piedi davanti alla buca della posta la mano nella fessura…ho allungato le dita toccando lettere di altri dovevo solo lasciare la mia mi mancava il coraggio invece ho letto a voce alta gli orari di ritiro della posta il significato di quel pallino rosso la raccomandazione di consegnare in filiale le spedizioni importanti mi mancava ancora il coraggio… Mervin o la spedisci e allora ecco i mari del sud o non la spedisci e allora ecco il tagliere dei formaggi adesso o mai più tachicardia via ho fatto cadere giù la lettera il pugno chiuso teso verso il cielo mi congratulo con me stesso… sììììì

KATRIN

Legge

Dieter, dovevamo prendere accordi con qualche delinquente? Sì, allora per favore prova a immaginarlo questo delinquente ingaggiato da noi, uno che comincia fin dal principio si rifiuta di picchiare il tuo caro Martin, perché solleva legittimi dubbi sulla sua stessa affermazione. E nonostante tutto proprio questo delinquente potrebbe tirarsi addosso il popolo degli indignati…non ho idea, perché gli verrebbe rimproverato di non aver fatto nulla per la salvezza del ragazzo apparentemente rapito, quando Martin gliela aveva già servita su un piatto d’argento e i rimproveri sarebbero continuati finché il ragazzo apparentemente rapito non fosse stato ritrovato, ma siccome non lo si sarebbe mai ritrovato e in parallelo ci sarebbe stata una ricerca infinita, allora dibattiti su tutti i canali dei dibattiti, e io odio i dibattiti […].


I guerrieri nella gelatina sono la metafora delle nostre derive mentali, quelle che teniamo imprigionate dentro il nostro cerebrale budino tremolante, piccole entità «insonni e nonostante tutto sempre in forma…».
Di quale crimine si macchiano i guerrieri in gelatina di Martin? Scrivono una lettera a un ragazzo incontrato per caso (Mervin), dandogli appuntamento a un ponte alla periferia della città e promettendogli una crociera nei mari del sud. Mervin risponde alla missiva e si presenta sul luogo dell’incontro. Martin lo tramortisce, lo infila in un sacco, e lo porta all’Ispettorato Veterinario, dove smaltiscono le carcasse di animali. Lo lascia lì, dichiarando che il sacco contiene sei cigni adulti e sapendo che gli inceneritori verranno accesi la sera.

Guerrieri in gelatina nella messa in scena di Giuliano Scarpinato nel 2018 al CSS di Udine

La lettera di cui parla Mervin nel frammento è quella che gli spedisce Martin per attirarlo al ponte, mentre quella che legge Katrin è una missiva scritta di suo pugno a Dieter, ricoverato in una clinica (forse psichiatrica) dove è stato portato a seguito di una conversazione con Martin. Katrin è certa che la storia di Martin su un ragazzo rapito e in procinto di morire sia falsa. Comincia a scrivere al compagno per rincuorarlo: cosa avrebbe dovuto fare? Torturare l’amico e costringerlo a parlare? Assumere un delinquente per farlo al posto suo? O chiamare addirittura un secondo delinquente per minacciare il primo che si era fatto degli scrupoli? E avanti così in speculazioni senza fine.
Noi, però, sappiamo qualcosa che né Katrin, né Martin, né Dieter sanno. Qualcosa che riguarda Mervin, che abbiamo saputo alle fine del suo monologo, ossia che il ragazzo è stato salvato da Dieter poco prima che l’inceneritore fosse attivato. Sappiamo anche che quello che ha raccontato Martin è vero e conosciamo le sue motivazioni. Insieme a Katrin, invece, scopriamo un fatto su Dieter che completa il nostro sguardo sulle vicende di tutti e tre i personaggi: solo noi li conosciamo intimamente, abbiamo assistito dall’alto allo svolgersi degli eventi e ai pensieri che li hanno accompagnati.

 Luigina Tusini, particolare tratto da Vite nei campi

Se conoscessimo la storia attraverso i dialoghi e le azioni, non capiremmo nulla di quello che succede in Guerrieri in gelatina. La chiave di interpretazione ci è data dall’autore, che ci conferisce il potere di leggere nel pensiero. Tutto avviene lì e molto spesso rimane lì, senza tramutarsi neanche in parola. «Sì alla fine non ha importanza per cui neanche io mi farò viva e non racconterò niente… meglio mettere tutto a tacere». Con questa frase, pronunciata da Katrin, si conclude Guerrieri in gelatina: è il trionfo del pensiero sulle azioni, delle elucubrazioni sulle parole e dei minuscoli guerrieri, ormai padroni della gelatina cerebrale.

Carlotta Pansa


Il testo, grazie al progetto Fabulamundi, può essere richiesto gratuitamente con una mail a [email protected]