Siamo al parco Trotter e Guillaume Zitoun sta ancora illustrando il progetto ConTatto / ConSenso quando le persone radunate davanti a lui che già ne conoscono il lavoro, profondamente relazionale, iniziano a scrutarsi a vicenda. Non mi sottraggo alla curiosità di sapere quanti siamo e chi siamo, quindi mi guardo intorno accorgendomi della presenza di persone di ogni genere, estrazione ed età. Incrocio degli sguardi, sento nell’aria la curiosità tipica del gioco. La campanella del totem suona col vento: mi giro a guardarla nello stesso istante di un’altra ragazza, ne incrocio lo sguardo e insieme sorridiamo per la rapidità condivisa della reazione.
Seduti intorno al tavolo ogni volto è una scoperta; attraverso gli oggetti, i dadi e il prisma di vetro che ci permettono di vedere in modo differente e con colori diversi le immagini composte e stampate sul tavolo di gioco, ci è scivolato di dosso l’imbarazzo di conoscerci. Ogni simbolo uscito sui dadi corrisponde a una carta da girare, con immagini del quartiere e domande per entrare in contatto con gli altri, dando risposte o ponendo altre domande. Gli oggetti permettono di vedere in modo nuovo le immagini sul tavolo e le immagini sulle carte consentono a ognuno di offrire la propria gentilezza, di donare qualcosa della propria individualità a una comunità appena conosciuta.
Durante la camminata scambio almeno qualche frase con ognuno dei partecipanti al gioco, sugli argomenti più vari: dall’esperienza che stiamo vivendo, ai racconti sul quartiere di Via Padova fino alle tematiche più ampie che quest’arte fa emergere. Seguo il gruppo con lo stesso spontaneo attaccamento che forse provano gli uccelli con il proprio stormo, percependo un’intenzione comune e condivisa in ogni passo che facciamo, in ogni luogo dove posiamo gli occhi.
Davanti ai totem le musiche di Riccardo Patrone ci trasportano in un’atmosfera sonora ipnotica, che ci fa concentrare sull’ascolto; l’immersione acustica lascia lo sguardo libero di vagare, sulle persone, sui luoghi e gli oggetti. La realtà, ora così strettamente in relazione agli altri e al posto, diventa un meraviglioso quadro da poter accostare nella mente ai suoni proposti dagli ambienti musicali di Patrone. Al termine della musica si ritorna dall’ascolto immersivo individuale alla dimensione collettiva, si cerca subito uno sguardo, un commento, una parola.
Ricordo con piacere e curiosità tutti gli oggetti, i giochi, i totem, la natura materica di questi segni e la loro catena di significati, le mille forme significanti e le mille idee evocate. Ma a rendere questa esperienza davvero unica è il ricordo delle relazioni, degli sguardi e delle parole, il ragionare e il risuonare delle persone e della loro individualità con cui, anche per poco, siamo entranti in contatto, con tatto.
Shahrzad M.
Guillaume Zitoun sembra poter abitare qualsiasi espressione linguistica: la sua è una pratica, un movimento che non colonizza, un tocco che c’è e non si vede.
Per risuonare con i ragionamenti, con i pensieri dall’altra/o, ci invita in cerchio, intorno a tavole imbandite da un gioco che ci accorda al rito, sviluppato con tecniche simboliche di accasamento attraverso frammenti del discorso sociale.
Nella fertile atmosfera degli Orti di via Padova, sulle superfici delle tavole, sono stampate foto-impressioni elaborate a partire dai racconti raccolti nel quartiere. Il caso diventa casa: dadi geroglifici e trottole dopo essere state lanciate danzano e fermano i loro movimenti su luoghi da interpretare, scoprire e scegliere con l’ascolto e con un approccio intersoggettivo.
In ConTatto di Guillaume Zitoun la filosofia del fare coinvolge ogni aspetto della vita sociale, ogni tempo della vita, da quando il desiderio ci porta a esclamare “questo è mio” fino al momento in cui si scopre il piacere di farlo diventare un “noi/nostro”.
Dalla convivialità delle tavole – primi strumenti di passaggio del rito, che nel gioco fanno vincere il premio della relazione – l’esplorazione della complessità continua come forma di walkscape, con fermate presso le sculture multimediali installate in diversi punti riconosciuti del quartiere, mappati sulle tavole.
Queste sculture, totem di interazione, ospitano in forma di qr-code i paesaggi sonori processati da Riccardo Patron, frasi e detti generati dalla comunità stampati e tradotti in tutte le lingue residenti, oggetti e contenuti materici posti e riflessi su specchi esagonali a disposizione della creatività senza freni dell’anonimato.
Durante la camminata Guillaume mi indica lo scorcio preferito del quartiere: si tratta di una porta, di un occhio di luce e vento dove dimorano la sua inesauribile curiosità e transitano gli eventi necessari a costruire un possibile e condivisibile pensiero di raisonance.
Giuseppe Mongiello
Questi contenuti fanno parte dell’osservatorio critico Raccontare le Alleanze