Davvero molto interessante l’interazione uomo-macchina! Mi è parso si trattasse di un percorso di scoperta biunivoco: in una prima fase è la macchina a occuparsi dei corpi, che, stesi per terra, si lasciano sondare; quindi i danzatori si destano e cominciano la propria indagine sul braccio meccanico. Due linguaggi diversi che entrano in relazione.

Marco, 37 anni, grafico

Ho trovato HABITdata particolarmente raffinato: Ariella Vidach fa una ricerca al passo con i tempi, per cui è d’obbligo scontrarsi con l’utilizzo delle nuove tecnologie e il rapporto che gli uomini hanno con esse. Mi pare evidente la ricerca sul corpo in relazione all’intelligenza artificiale in tutte le possibili declinazioni. Una raffinata ricerca del futuro.

Annalisa, 21 anni, danzatrice

Era come se la macchina rivelasse ai danzatori dimensioni nuove e i danzatori, a loro volta, le cedessero parte della propria umanità, tentassero di insegnarle qualcosa. Forse però è stato lo spazio, la sua esplorazione, il vero oggetto della ricerca.
Personalmente, mi è sembrato che la macchina cercasse di umanizzarsi, come se provasse un po’ di invidia verso il corpo umano… Angosciante!

Maria e Cecilia, 56 e 26 anni, mamma e figlia

Definirei questo lavoro “denso”. L’atmosfera che hanno creato è molto bella e coinvolgente; anche se nella seconda parte non ho più seguito molto la struttura coreografica della performance. Mi piace molto l’ironia sottile di cui è pregno lo spettacolo, la trovo meravigliosa. Durante l’esecuzione non ho potuto fare a meno di pensare a un atterraggio su Marte!

Loredana, 25 anni, danzatrice professionista

Ariella Vidach è molto brava a usare la tecnologia. Il suo lavoro mi è sembrato quasi un’immagine futurista sul concetto di “primordiale”. La prima parte è addirittura ipnotica, sarei rimasto a guardarla anche più a lungo. La seconda, quando la macchina smette di inquadrare i corpi dei danzatori, l’ho trovata per certi versi superflua. Molto interessanti invece i momenti in cui la danza rispecchia ciò che il robot guarda e fa e, in seguito, il ribaltamento di questa situazione con la macchina che osserva l’essere umano. È un ritorno all’evoluzione, uno sguardo sul passato da un’epoca futura.

Nicolò, 27 anni, coreografo

Mi hanno divertito i movimenti in sincronia dei danzatori con la macchina, quando sembrava ci scherzassero insieme: mi ha ricordato il film Corto circuito (1986), da cui è stato ripreso il personaggio della Disney-Pixar Wall-E. Interessante che il robot, all’inzio, grazie a una luce fredda, sembrasse il macchinario di un dentista e poi, via via nel corso dello spettacolo, assumesse fattezze sempre più umane.

Yuri, 30 anni, insegnante di pittura

La ‘qualità’ di movimento usata dai danzatori nella performance si avvicinava molto a quella di una macchina: i gesti erano brevi e si concludevano in modo molto netto; nessun arto si ‘avventurava’ in un nuovo gesto prima che il precedente fosse concluso. Un movimento che definirei quasi “scattoso”, ma senza che questo andasse a scapito della fluidità.

Erica, 21 anni, danzatrice

A cura di Andrea Malosio e Federica Monterisi

HABITdata #2
ideazione e regia Claudio Prati, Ariella Vidach
interpreti Gloria Dorliguzzo, Federica Esposito, Manolo Perazzi
Visto a MilanOltre il 4 ottobre 2017

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView