Buio. Un tuono. Poi un altro. Il palco si illumina progressivamente e diventa possibile scorgere un uomo sotto una struttura metallica. Il suo corpo si contorce in maniera spasmodica a ritmo dei boati continui che rimbombano sempre più insistenti; l’uomo tenta di alzarsi, di uscire da lì, ma non ci riesce: è intrappolato, e più cerca di sgusciare via da quella gabbia, più i tuoni si fanno intensi.

Così inizia Heres: nel nome del figlio, la nuova creazione di Ezio Schiavulli nata in collaborazione con Anne Paceo, Elvire Jouve e Dario De Filippo, e che ha visto nella serata dell’8 ottobre il suo debutto nazionale al Teatro Elfo Puccini in occasione del festival MilanOltre.

Durante i primi minuti, il boato cresce e diventa sempre più assordante, fino a quando esplode sula scena una luce calda che rivela due batteristi (Dario de Filippo e Donato Manco) sopra il piccolo palco mobile che sovrasta Schiavulli. Eccolo, il figlio, costretto a muoversi secondo la volontà schiacciante del padre, un’entità plurima incarnata dai due musicisti e scissa in un genitore buono e cattivo insieme, assente e presente, un padre che cerca di educare e allo stesso tempo incastrato anch’egli nelle proprie paure e impossibilitato a uscirne. Come il figlio, anche il genitore risulta bloccato, confinato all’interno della sua batteria, solo nella sua duplice identità, in quello spazio rialzato che viene trasportato da una parte all’altra del palco senza che sia lui a poter decidere dove andare, proprio come l’eroe greco Ulisse, in preda alle onde per anni, naufrago a cui è stato impedito il ritorno alla propria patria.

E come accade a Telemaco, il discendente del re di Itaca, anche su Schiavulli grava il peso ingombrante della figura paterna, l’eredità involontaria di un padre eroe: per quanto il figlio provi a scuotersela di dosso, il frastuono implacabile del lascito genitoriale gli impedisce di potersi muovere liberamente, vincolandolo a un legame costretto e indissolubile. Il tentativo di dialogo da parte del figlio si declina in un conflitto continuo dove il battere incessante del padre si ripercuote inevitabilmente sul corpo di Schiavulli, lo obbliga a seguire una certa strada, indirizza i suoi movimenti verso traiettorie del tutto innaturali. E il figlio combatte, si ribella, urla, cerca di opporsi con tutta la sua volontà a quelle imposizioni, ma non c’è spazio per la sua voce, e finisce inevitabilmente per essere soverchiato dalla potenza paterna. L’eredità suggerita nel titolo si colora dunque di una sfumatura diversa rispetto a quella che si è soliti attribuirle: cosa succede se l’heres non accetta ciò che gli viene trasmesso, ma anzi considera l’eredità come un’imposizione, una gabbia dal quale liberarsi? Ma soprattutto, è veramente la ribellione l’atteggiamento migliore nei casi di lotta e incapacità comunicativa tra generazioni?

Queste domande forse trovano riscontro nel momento in cui il padre deve inevitabilmente lasciare il posto al figlio: una parte di lui non cede, continua imperterrita a suonare ferocemente, mentre l’altra scende dal piedistallo e aiuta il figlio a togliere tutti gli strumenti uno dopo l’altro, appendendoli su corde che scendono dal soffitto. Il tonare delle percussioni perde forza e si dirada fino a quanto non si spegne del tutto: non rimane che un uomo, solo a ripercorre inutilmente gli stessi movimenti su una batteria assente perché parte del passato, e di cui ora non gli sono rimaste nemmeno le bacchette. In questa toccante immagine di solitudine e smarrimento, il figlio si sostituisce agli strumenti e sorregge il padre con il proprio corpo, accetta di assecondare i movimenti del genitore e lo consola dolcemente in un ondeggiare leggero che lo aiuta a scendere e a ricongiungersi con l’altra metà di sé. Schiavulli rimane da solo sul piedistallo, erede degli insegnamenti del padre, e si muove seguendo lo sfiorare delle percussioni appese, ricordi sussurrati lasciati dalle tracce di un genitore che per tutta la vita è rimasto bloccato in balia delle proprie paure e che adesso, giunti alla fine, non è più un padre eroe, ma solo padre.

La luce sul palco s’indebolisce fino a oscurarsi del tutto e l’anello della narrazione si chiude, lasciando lo spettatore con un profondo sentimento di tenerezza. D’altronde, sebbene non tutti possono dire di essere genitori, ognuno di noi discende certamente da qualcun altro, e in questo senso il lavoro di Schiavulli diventa universalmente intimo: indaga in profondità il legame tra due persone che, siano chiamati Ulisse e Telemaco oppure soltanto eroe ed erede, in fondo non sono altro che due uomini. Un padre e un figlio.

Elena Vismara


foto di copertina: Patrick Lambin

HERES: NEL NOME DEL FIGLIO
coreografia e interpretazione Ezio Schiavulli
creazione musicale Anne Paceo, Elvire Jouve, Dario De Filippo
performers Ezio Schiavulli, Dario De Filippo, Aurélien Boeglin, Donato Manco
disegno luci Fabio Fornelli, Ezio Schiavulli
scenografia Vincent Frossard
costumi Benedicte Blaison
direzione tecnica Aurélien Boeglin
responsabile produzione Anne Bucher
responsabile comunicazione Christine Laemmel
produzione Associazione Culturale Ri.E.S.Co. (ricerca e sviluppo coreografico) (Bari – IT) Association Expresso Forma (Strasburgo – FR)
coproduzione Pôle Sud – Centro di Sviluppo Coreografico Nazionale di Strasburgo; Centro Coreografico Nazionale /Ballet de l’opéra National du Rhin di Mulhouse ; Circuito Europeo Réseau Grand Luxe (Centro Coreografico 3CL Lussemburgo, Theater Freiburg, il Centro Coreografico Nazionale Ballet di Lorraine, Centro di Ricerca L’Abri di Ginevra, il Centro Coreografico Nazionale Ballet de l’opéra National du Rhin, Pôle Sud, il Grand Studio di Bruxelles); l’Associazione Scènes du Nord Alsace (Teatro La M.A.C., Teatro La Saline, Teatro la Castine, Teatro la Nef, Teatro l’Espace Rohan, Teatro Relais Culturel de Haguenau).
con il sostegno di Ministero della Cultura Francese (DRAC Grand Est), Régione Grand Est, Département du Bas-Rhin/CEA, Regione Puglia (It), Teatro Pubblico Pugliese, Instituto Italiano di cultura di Strasburgo, SPEDIDAM, Network Internazionale Danza Puglia Con il Sostegni del Ministero della Cultura Italiano (MiC – It). Circuito l’Est Danse: ACB – Scène Nationale de Bar-le-Duc / L’Arsenal – Cité musicale Metz / Le Ballet de l’Opéra national du Rhin – CCN de Mulhouse / Le Carreau – scène nationale de Forbach et de l’Est mosellan / Le CCAM – scène nationale de Vandoeuvre-dès-Nancy / L’Espace 110 – centre culturel d’Illzach / La Filature – scène nationale de Mulhouse / La Madeleine – scène conventionnée de Troyes / Le Manège – scène nationale de Reims / Le Nouveau Relax – scène conventionnée d’intérêt national de Chaumont / Pole-Sud – CDCN de Strasbourg / La Salle Europe de Colmar / Le Service Culturel Spectacle Vivant de Saint-Dié-des-Vosges.


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