Sullo sfondo, una batteria di chiavi inglesi, qualche brugola, delle tenaglie. In scena, solo una sedia. Il merluzzo surgelato è ospitato nell’officina sotterranea di Rivo 1951, un negozio di moto d’epoca e di biciclette, alla quale si accede grazie a un montacarichi, che accompagna al piano interrato gli spettatori, pochi per volta. Da fuori campo provengono rumori di stoviglie, lo squillo di un telefono, la sigla del festival di Sanremo: tipici suoni di un appartamento di un anziano.
Sara Baldassarre, in questo monologo, scritto insieme ad Arianna Di Stefano che ne cura anche la regia, smonta con attenzione i propri ricordi e li porge agli spettatori, indagando i movimenti di un paio di occhi, quelli di sua nonna, che paiono interrogativi, come quelli di un pesce, disorientati tra ricordi confusi. Ricordando lei e il suo non ricordare, Sara, «nipote mammifera con attaccamento alla nonna», racconta momenti della propria infanzia attraverso dettagli tattili, olfattivi e sonori, in un percorso che procede per lampi associativi, con vertigine e ironia. Se, infatti, la consequenzialità logica si perde con la dimenticanza, per malattia o per il naturale, progressivo sfumare delle memorie, del passato rimangono sensazioni, canzoni, e alcune registrazioni audio, che aiutano il pubblico a conoscere a fondo questa relazione, e a far emergere le proprie. La disposizione spaziale dell’appartamento dei nonni sfuma nel ricordo: come traccia, resta solo una sedia; invece, la parlata della nonna, la tecnica misteriosa con cui stendeva la pasta, il suo incedere curvo e tremante, rivivono nella corporeità di Sara, che indossa su di sé i gesti della progenitrice con grande delicatezza, senza lasciar spazio alla dimensione della frustrazione e dell’esasperazione date dalla malattia, in un dialogo corporeo in cui si alternano nonna e nipote, in tutta la loro distanza generazionale e culturale. Nei flussi divertenti e assurdi della sua storia particolare, l’attrice riesce a toccare l’universale.
I pensieri di Sara non guardano solo passato, ma, abbandonando momentaneamente la dimensione strettamente autobiografica, si flettono anche sul nostro presente storico e si allungano fino a tratteggiare scenari distopici. Al culmine dei densi flussi argomentativi, Sara si rivolge direttamente al pubblico e lo invita a fermarsi, a contemplare realmente la possibilità di perdersi, di lasciar andare il discorso, di smagliare la rete dei ricordi e delle associazioni mentali intessuta finora. Ed eventualmente, di ricomporla in maniera diversa. Ci troviamo in un’officina, dopotutto.
Sulle note di Avevo un cuore che ti amava tanto di Mino Reitano, Il merluzzo surgelato si disvela come uno spettacolo delicato su ciò che, pur non essendoci più, esiste ancora.
Valeria Gail Coscia, Ginevra Portalupi Papa
in copertina: foto di Margherita Masé
IL MERLUZZO SURGELATO
con Sara Baldassarre
drammaturgia Sara Baldassarre e Arianna Di Stefano
regia Arianna Di Stefano
collaborazione artistica Caroline Delcourt
comunicazione e foto di scena Margherita Masé
illustrazioni Martina Manna
compagnia Kontra Moenia
produzione Ex Rugiada ETS
con il sostegno di Associazione Triangolo Scaleno Teatro e Teatri di Vetro 15
Contenuto scritto nell’ambito dell’osservatorio critico di FringeMI 2023