Seduti intorno a uno spiazzo quadrato in tre file di sedie, gli spettatori si guardano l’un l’altro.
In mezzo uno spazio vuoto, e intorno il parco Carracci: due ragazzi in cima a dei canestri da basket, qualche passante, le finestre dei condomini affacciati sul verde. Si svolge in questo contesto HM / House Music Santarcangelo, un’opera scritta dagli abitanti del quartiere attraverso le canzoni e le testimonianze raccolte da Sara Leghissa e Francesca De Isabella, fondatrici del gruppo Strasse. Al centro di questa scrittura collettiva è la musica, qui una sorta di playlist che unisce i brani scelti dagli abitanti intervistati. Come ogni opera che si rispetti non manca il libretto: consegnato a ogni spettatore prima dell’inizio della performance, non si limita a descrivere o ripetere, ma moltiplica i livelli. Se le casse audio emettono frammenti di registrazioni e canzoni, ogni pagina del libretto si compone di nome dell’intervistato, condominio di provenienza, titolo e autore della canzone scelta, una frase riportata a mo’ di citazione, e un riferimento visivo descritto tra parentesi, che funziona come appiglio per la nostra immaginazione.
Ne emerge un mosaico di pensieri, desideri e racconti, che consegna in un ascolto collettivo i risultati di un’indagine musicale in spazi abitativi. II processo inclusivo e la libertà di fruizione sono i caratteri principali di questo lavoro di Strasse. Nella sua restituzione, la presenza delle sedie ci invita a stare fermi e osservare, di fronte a noi, gli sguardi e le espressioni degli altri spettatori. Ma c’è chi si sdraia sul prato, cammina o ascolta da lontano. Questo lavoro di Strasse è dunque l’esempio più eclatante del tentativo, da parte della direzione artistica del festival, di mantenere la continuità di un rapporto con il territorio attraverso processi artistici partecipativi chiamati a coinvolgere gli abitanti e a porre delle domande sul rapporto tra il luogo e il festival, tra pubblico locale e dimensione internazionale.
L’indagine su un rapporto aperto tra lo spazio artistico della performance e quello della “vita di tutti i giorni” è stata d’altra parte, come dichiarato nelle note curatoriali di Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino, un interrogativo esplicito in questa edizione del festival. Il tentativo di reinterpretare il tema del “teatro in piazza”, nell’ascolto dell’identità locale e nel suo superamento, non i legge solo in proposte artistiche come quella di Strasse. Anche quella tendenza glamour che ha puntato sul party come nuovo spazio di condivisione ha rappresentato un tentativo di apertura e ripensamento del rapporto con gli spettatori (su questo piano non propriamente artistico, il dopofestival nel tendone da circo di Imbosco è una delle trovate più riuscite del festival) in coerenza con la direzione di tanti spazi, soprattutto del nord-Europa, che lavorano sulla sovrapposizione tra cultura e intrattenimento come forma di avvicinamento di nuovi pubblici. Ma è una tendenza presente anche nei vari “Habitat”, gli spazi di residenza ed esposizione per artisti in ascolto del territorio collocati in diversi luoghi della città.
Questo sforzo nel ripensare il rapporto con lo spazio di Santarcangelo è ancora molto legato alla direzione precedente. La presenza di Strasse può tracciare in questo senso un ideale filo conduttore: il collettivo ha ‘abitato’ per anni il programma del festival ponendo domande sul pubblico, sulla visione, sul territorio. Qui ha mosso i primi passi la performance Solo (2014) la camminata urbana che mette in gioco nuovi sguardi sugli spazi che si attraversano; qui ha sviluppato e poi esposto i propri risultati il laboratorio DET/una frazione di secondo (2015) che metteva in relazione azioni e segni di chi abita la città tutto l’anno e di chi si trova in città solo durante il festival; o ancora, qui il gruppo aveva già esplorato il formato della festa con progetti come T.Rex (2015) e Exil (2016). La direzione condivisa di queste sperimentazioni era l’abbattimento delle categorie e l’annullamento della distinzione tra tipologie di spettatori o tra artisti e pubblico. Ora, in HM, le tracce musicali diventano denominatore comune di una collettività interculturale e intergenerazionale, raccontata dalle persone presenti, dalle canzoni di diversi tempi e culture, dalle parole in cinese nelle registrazioni audio e da frammenti di immagini, che ci rimandano a dello “smalto rosso sui mignoli” o a un “cellulare rigirato tra le mani”. Nell’incontro di corpi radunati intorno a uno spazio vuoto, possiamo riconoscerci nell’altro ascoltando una materia fragile e del tutto personale. In questa dimensione emerge il tema del “corpo politico”, fortemente rivendicato dalla direzione artistica come portante di tutto il festival. Judith Butler in L’alleanza dei corpi (Nottetempo, 2017) indaga il potere dell’incontro di corpi che, semplicemente, scendono per strada e si incontrano, rivendicando la sfera pubblica. Qui, nella semplicità di questa operazione, riconosciamo il ruolo politico e performativo dell’incontro.
Francesca Serrazanetti
HM/ House Music Santarcangelo
un progetto di Strasse
idea Francesca De Isabella
creato da Francesca De Isabella e Sara Leghissa in collaborazione con Maddalena Fragnito
Santarcangelo Festival 2017