Scritto, diretto e interpretato da Giacomo Occhi
visto all’interno del Teglio Teatro Festival Valtellina 2012, 6 agosto 2012 presso il teatro Vittoria a Ponte in Valtellina (prima assoluta).
All’Elfo Puccini di Milano il 9 Ottobre
Lo spettacolo colpisce ancora prima del suo inizio: chi l’ha scritto e lo interpreta, Giacomo Occhi, ha appena compiuto 20 anni. Pure lo staff, dai mimi e assistenti di scena Martina Orlandi e Chiara Prioli, al direttore di scena Mattia Serranò, all’aiuto regista Silvia Bernardi e alla scenografa Marta Mongiorgi di “Scenicamente”, ai tecnici luce e audio Luca Restelli e Luca Gerlini sono tutti giovanissimi.
E’ una bella sfida portare sul palco una tenera creatura interamente cresciuta fra le braccia di un gruppo di ragazzi e darla in pasto ad una critica talora altezzosamente compiaciuta delle ingenuità, ma è proprio questa freschezza a rendere ancora più incisivo il messaggio che il regista intende lanciare al mondo degli adulti, a quelle logiche prive di senso che noi stessi – ci vergogneremmo ad ammetterlo – tolleriamo ed accettiamo.
Questo tipo di gestione ha permesso, inoltre, di sviluppare un percorso piuttosto alternativo e innovativo dal punto vista tecnico, eliminando ad esempio quei pregiudizi scenici che consentono raramente di vedere combinati gli effetti dolby surround – ormai entrati a pieno titolo nella prassi televisiva e cinematografica – con l’atto teatrale.
Nello scrivere lo spettacolo, Giacomo Occhi si è ispirato a “Papalagi”, discusso libricino di inizio ‘900 e oggi emblema del relativismo culturale, che raccoglie i discorsi fatti al suo popolo dal capo delle isole Samoa al ritorno da un viaggio in Europa. Narrando quanto osservato con la purezza d’animo di chi non è ancora corrotto, il protagonista restituisce una chiara visione dei difetti e dei paradossi del mondo occidentale.
Oggi la globalizzazione ha fatto sì che non esistano più posti incontaminati sul nostro pianeta, così la trasposizione moderna del testo deve ricorrere non a un uomo, bensì a un clown proveniente da un pianeta lontano, una figura infantile e pura alla Saint-Exupéry, che indaga e si sorprende dinnanzi ad una realtà dove i rapporti umani non hanno più alcuna importanza rispetto al vorace desiderio di possedere ed accumulare cose: “È un pianeta strano: gli abitanti non hanno mai abbastanza tempo, corrono veloci alla ricerca del metallo rotondo e della carta pesante, passano i giorni davanti alla scatola della finta vita e in essa si smarriscono…”.
Certo, l’idea di ricorrere a un giullare come osservatore privilegiato che metta in evidenza le storture dell’essere umano non è originale, ma si tratta della figura più consona e familiare per Occhi, che ha mosso i primi passi sul palco della Piccola Scuola di Circo di Milano, prima di approdare alla Scuola Paolo Grassi e fare uno stage in direzione di scena alla Scala, diventando noto, nel frattempo, anche ai frequentatori del web per le imitazioni garbatamente satiriche del primo cittadino milanese, Giuliano Pisapia.
Il nostro mondo distorto ci è riproposto attraverso dodici monologhi di diversa ambientazione.
I dodici personaggi interpretati incarnano altrettanti difetti moderni, tasselli del puzzle del consumismo sfrenato, figlio, ma allo stesso tempo genitore, del bombardamento mediatico che ha portato l’uomo ad una condotta di vita paradossale, in bilico sulla pericolosa fune tesa tra l’avidità e la solitudine, tra la mancanza di tempo e la paura di averne, tra il volere dare un senso alla propria vita e il tentativo di sfuggire ad una riflessione critica dei propri comportamenti che, in definitiva, porta i protagonisti ad accettare anche ciò che capiscono essere sbagliato. I mezzi di comunicazione, a cui non a caso è dedicata la scena di più facile comprensione e di maggiore impatto con il pubblico in sala, consacrano questo modo di vivere e confondono le idee alla gente che finisce per essere totalmente disorientata.
Non viene risparmiata alcuna estrazione sociale, la comicità è tagliente anche nei confronti dei “casi umani” che, alla fine, sono rei di non cercare alternative o che, senza potersi più redimere, vengono annientati dall’aridità di cui si sono circondati. Una dozzina di “Mastro Don Gesualdo” che si trovano di fronte alla propria coscienza, ma, come ha loro insegnato il vivere moderno, ne ignorano la voce.
Sorprendono la maturità e il talento attoriale di Giacomo Occhi, capace di districarsi fra numerosi ruoli, registri vocali e canori, un po’ nello stile di Gaber, da cui è indubbiamente ispirato, un po’ con il gusto per il trasformismo e per i siparietti che attraversa i lavori di Paolo Poli.
Con straordinaria bravura il protagonista spazia in un repertorio musicale eterogeneo, dal pop, alla lirica, al rap, anche con brani originali, quali “il rap dell’informatico” di Giacomo Occhi e Giuseppe Capozzolo, che fa sorridere dimostrandoci come un minestrone di termini tecnici abbia ormai pervaso ogni nostra forma di espressione.
Pure la confidenza e la naturalezza con cui Occhi affronta il palco, scherza con gli spettatori quando un cambio di scena è reso problematico da una giacca poco collaborativa, parrebbero appartenere ad un attore di lunga lena che conoscendo il punto di partenza e quello di arrivo, sa inventarsi un percorso per unirli.
Dal punto di vista della sceneggiatura, la cornice dei monologhi meriterebbe di essere rafforzata per una migliore coesione dell’insieme, mentre in alcune scene si avverte un certo compiacimento per l’esercizio teatrale che può essere superato con una maggiore consapevolezza della propria capacità creativa e coraggio nella sperimentazione personale.
Ma la riprova dell’apprezzamento del pubblico è stata data in occasione del Teglio Teatro Festival Valtellina 2012, rassegna giunta quest’anno alla sua quarta edizione: “I 12 difetti capitali” è stato consacrato vincitore “per aver saputo presentare con pungente ironia, mai banale, le nevrosi del nostro tempo, mostrando versatilità attoriale nella caratterizzazione dei vari personaggi – come attesta la motivazione della giuria presieduta da Maurizio Gianola–. La regia ha convinto per la capacità evidenziata nel sottolineare con musiche di qualità e spessore e con un impianto luci sobrio ma efficace la freschezza del contenuto. La messa in scena, essenziale ma in linea con lo stile interpretativo assunto dall’attore, è risultata di rara efficacia comunicativa ed ha fatto risaltare ancora di più le doti canore e la capacità recitativa di Giacomo Occhi”.
Dopo un periodo di rodaggio su palchi minori, lo spettacolo tornerà in scena martedì 9 ottobre al Teatro Elfo Puccini di Milano, con la partecipazione straordinaria di Roberto Vecchioni.
Quella sera interverranno anche il sindaco Giuliano Pisapia, il console romeno George Bologan e Don Gino Rigoldi, presidente dell’associazione Bambini in Romania Onlus, al cui sostegno è dedicata la serata milanese.
Enrico Benedetti