di Pau Mirò
traduzione e regia Enrico Ianniello
visto al Teatro Franco Parenti di Milano _16-25 gennaio 2015
Siamo goffi, inconcludenti, comici, persino quando beviamo una tazza di caffè. Ce l’ha magistralmente insegnato De Filippo: per fare commedia non occorre alterare la realtà o portarla sopra le righe, basta fotografarla nei suoi più piccoli dettagli. Non sorprende allora che sia venuto in mente proprio a un regista campano (Enrico Ianniello, alle spalle una lunga esperienza eduardiana anche al fianco di Toni Servillo) di trasporre a Napoli Els Jugadors del catalano Pau Mirò, sottile commedia del quotidiano. Eduardo è del resto riferimento esplicito per Mirò, classe 1974, emerso nell’ambiente sperimentale della Sala Beckett, e oggi considerato una delle voci più interessanti della drammaturgia catalana. Nelle mani di Ianniello Els Jugadors è diventato, alla partenopea, Jucatùre e ha meritato il Premio Ubu come migliore testo straniero nel 2013. Oggi lo spettacolo arriva al Franco Parenti, in contemporanea all’Hamlet Travestie targato Scampia del gruppo Punta Corsara (leggi la recensione). Due spettacoli che, pur nell’evidente diversità, ci confermano quanto vitale sia ancora la scuola attorale partenopea, capace di dare vita sulla scena a interpretazioni di sorprendente e immediata efficacia.
Jucatùre è una pièce deliziosa e ben scritta, un preciso meccanismo scenico dove nulla è superfluo: quattro amici si ritrovano intorno a un tavolo per una partita a carte e, incontro dopo incontro e mese dopo mese, costruiscono e condividono tasselli di vita. La professione esercitata è l’unico cenno identificativo dei personaggi, come a sottolineare che si tratta di ‘tipi’ del nostro quotidiano, maschere della commedia di tutti i giorni: sono un professore, un barbiere, un attore e un becchino (‘o schiattamuorto). A casa del professore, davanti a una “tazzuliella” o a un bicchiere di brandy, ci si racconta fallimenti, successi, incubi. È la vita: c’è chi viene tradito; chi vagheggia un impossibile lieto fine amoroso; chi viene licenziato e chi non trova lavoro; chi perde le staffe e chi si scopre violento. Eppure – sembra ricordarci lo spettacolo – se osserviamo tutto questo alla giusta distanza e senza prenderci troppo sul serio, scopriremo che non c’è niente di irreparabile.
È bravo Mirò a non cedere al patetismo o alla debordante comicità da fiction televisiva. E sono bravi, anzi bravissimi, Ianniello e gli altri attori (Renato Carpentieri, Tony Laudadio e Luciano Saltarelli) a non percorrere la strada più facile: quella dell’ammiccamento, della volgarità insistita, dell’autocompiacimento. Jucatùre è uno spettacolo sottile, misurato, giocato su una sapiente conoscenza dei tempi comici, sempre sul crinale tra farsa e realtà. Ma se guardiamo bene quegli individui buffi e patetici, alle prese con le miserie e la nobiltà della condizione umana, potremmo riconoscere qualcosa di familiare.
“Rides? mutato nomine de te fabula narratur”, avrebbe detto qualcuno.
Maddalena Giovannelli