Sarà pur capitato, a Renzo e Lucia, di annoiarsi per un pomeriggio intero, chiusi in casa perché quel nuvolone grigio sopra il lago non prometteva nulla di buono. E Ulisse e Penelope, smaltito l’entusiasmo per il ricongiungimento insperato, avranno discusso sull’eventualità di prendere un altro cane, che fa tanta compagnia, sì, ma che è anche un impegno mica male.
Osservata attraverso la lente microscopica della quotidianità, una storia d’amore si compone di gesti ordinari e parole comuni: in compagnia del nostro amato o della nostra amata, perlopiù i giorni trascorrono senza che accada nulla di eccezionale.
È attraverso questa prospettiva che Francesco Lagi, drammaturgo e regista della compagnia Teatrodilina, trova il coraggio di sperimentarsi come cantore d’amore a fronte di una tradizione millenaria che su questo tema sembra aver già detto tutto; e con Il bambino dalle orecchie grandi ci dimostra che la storia di un uomo e una donna qualunque, che si incontrano, si piacciono e si scelgono, può ancora emozionarci.
Una Lei e un Lui (Anna Bellato e Leonardo Maddalena) collocati in un Dove e in un Quando indefiniti, trascorrono una notte assieme, e al risveglio si studiano con curiosità. Una curiosità adulta, commista a una leggera nota di diffidenza derivata probabilmente dalle scottature sentimentali del passato. I due riescono a dileguare l’imbarazzo ricorrendo all’auto e etero-ironia: immediato pretesto per creare complicità sono le dimensioni delle orecchie di entrambi, un po’ sopra la norma. Passa il tempo, i giorni diventano mesi e anni, e i gesti e le frasi di questi due sconosciuti diventano un tutt’uno. Le parole degli amanti riecheggiano in un luogo spazialmente indefinito, abitato da luci che, rifrangendosi su cubi di plexiglass e barattoli trasparenti, disegnano con intensità differenti sentimenti altalenanti. La luminosità della condivisione si rabbuia quando la prossimità genera inquietudine: quando si scopre che l’altro non ci somiglia quanto speravamo, ma anzi rivela dei tratti che sembrano disperatamente inconciliabili con il nostro essere.
Vivace e affabile, la drammaturgia procede con ritmo brillante, ma è attraversata di frequente da crepe di malinconia. Le infinite sfaccettature del sentimento emergono dalla dimensione più famigliare del vivere: i programmi per la cena, l’utilizzo dei tupperware e l’insofferenza dell’uno verso ‘certi modi’ dell’altro. L’astrazione scenografica e la rarefazione della trama permettono allo spettatore di appropriarsi del racconto: nelle battute pronunciate dai personaggi ciascuno rintraccia la propria autobiografia sentimentale. Ed è inevitabile sperare che la storia abbia un lieto fine e che, prima o poi, Il bambino dalle orecchie grandi veda la luce.
Chiara Mignemi
Il bambino dalle orecchie grandi
Scritto e diretto da Francesco Lagi
con Anna Bellato, Leonardo Maddalena
disegno del suono di Giuseppe D’Amato
scenografia di Salvo Ingala
luci di Martin Palma
foto di Loris Zambelli
Visto all’Auditorium Centro sociale di Salerno, rassegna Mutaverso Teatro_8 marzo