Riduzione del biglietto a 10€ per chi sostiene il Ddl Zan: è la proposta di Gaia Calimani, presidente di Manifatture Teatrali Milanesi, che di una politica di biglietteria ha fatto una cassa di risonanza in difesa del disegno di legge presentato da Alessandro Zan. La condizione per usufruire della promozione, che si va ad aggiungere ad un range già variegato di convenzioni proposte per la stagione 2020/21, è chiara: è sufficiente presentarsi in cassa con la scritta “DDL ZAN” sul palmo della mano.
Come prevedibile, sui social la proposta simbolica di MTM ha suscitato reazioni contrastanti, attirandosi, fra gli altri, numerosi commenti violenti e offensivi. Non è mancata nemmeno la risposta da parte di alcuni europarlamentari di Fratelli d’Italia e Lega, che hanno minacciato di effettuare controlli sull’impiego dei finanziamenti pubblici alla cultura. L’accusa sollevata è quella di aver discriminato il pubblico sulla base di posizioni ideologiche. Accusa facile, persino ovvia: ma forse vale la pena di andare oltre la provocazione, portando indietro le lancette dell’orologio.

Alessandro Zan (Foto: ©Simona Granati – Corbis/Getty Images,)

All’inizio del ‘68 Pasolini si interrogava su chi sarebbero stati i destinatari del suo «nuovo teatro», per poi rispondersi – con il disincanto di chi aveva visto sgretolarsi di fronte ai suoi occhi il mito di un «teatro popolare» – che si sarebbe sottratto alla tentazione della comunicazione di massa, indirizzandosi coscientemente a quel pubblico costituito «nella massima parte da quelli che si definiscono dei “progressisti di sinistra”»: vale a dire i soli che riteneva disponibili al dialogo più che all’applauso o alla chiacchiera del teatro borghese.

Nello stesso Manifesto, però, Pasolini scriveva anche di voler affiggere un cartello all’ingresso del suo teatro, con l’indicazione di due particolarissime “promozioni”. La prima, coerente con le premesse (e in particolare, con l’intenzione di sottrarsi alla mondanità formale e disimpegnata del Teatro della Chiacchiera), riguardava le habituées impellicciate del teatro borghese, quelle che non mancavano mai alle prime di Strehler, di Visconti o Zeffirelli (oggi più rare forse, ma rappresentative di una visione del mondo dello spettacolo che domina tutt’ora): per loro, il biglietto del «nuovo teatro» sarebbe costato un prezzo trenta volte maggiorato. La seconda promozione, più interessante, era invece rivolta ai giovani fascisti, ai quali, curiosamente, Pasolini intendeva riservare l’ingresso omaggio.

Pier Paolo Pasolini (©Archivi RAI)

Aldilà della prospettiva sociale ed economica radicata nel decennio storico in questione, questa proposta pasoliniana rivela un desiderio che il disincanto iniziale sembrava nascondere: quello, cioè, di potersi confrontare apertamente con tutte le persone, soprattutto con quelle più distanti, per esperienza, visione, educazione, estrazione sociale. Ma c’è di più. Quella di Pasolini, infatti, è una provocazione che sottintende una convinzione fondamentale: una fiducia totale nella capacità di dialogo («a canone sospeso!», ibid.) del teatro. Aggiungo: nella sua capacità di condividere storie, fatti, visioni. Nella sua possibilità unica di farci incontrare – anzi vivere, anche se solo per una o due ore – la vita degli altri. Nella sua comunicazione di sguardi. Insomma, nella sua forza di cambiarci.

Che il sistema non abbia fiducia nel ruolo dello spettacolo, in questi mesi è stato evidente. Ma ora che abbiamo la possibilità di ripartire, emerge lo spazio della nostra responsabilità e mi chiedo: noi – artisti, operatori o semplicemente teatrofili – abbiamo ancora fiducia nel teatro? Se è così, lo sconto a chi sostiene il Ddl Zan va bene, anzi benissimo: ma chi al disegno di legge si oppone, o magari non l’ha nemmeno considerato, forse dovrebbe poter entrare gratis.

Gianmarco Bizzarri


In copertina: Gaia Calimani e la promozione MTM (foto ©Fb/MTM Teatro)