progetto Il cielo non è un fondale – Il paesaggio protagonista
di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
visto a “Stanze”, Casa Museo Boschi Di Stefano _ 24-25 novembre 2014

Scrigno di quella modernità elegante e discreta che si diffonde a Milano dal primo dopoguerra, Casa Boschi Di Stefano è oggi uno spazio museale aperto al pubblico. Insieme alle oltre duecento opere d’arte offerte agli occhi di tutti, l’appartamento di via Jan custodisce i ricordi dei coniugi Antonio Boschi e Marieda Di Stefano che per decenni l’hanno abitata. La rassegna di teatro d’appartamento curato da Alberica Archinto e Rossella Tansini sceglie questo luogo della storia milanese per chiudere la sua terza edizione, che dalle stanze di appartamenti privati si è spostata a quelle, oggi aperte al pubblico, di fondazioni e musei.

Il Posto, prima tappa del progetto Il cielo non è un fondale – Il paesaggio protagonista, è uno spettacolo pensato e scritto appositamente per queste “stanze”, che fanno risuonare gli snodi della notevole drammaturgia firmata da Deflorian/Tagliarini, tutta giocata sull’evocazione di paesaggi “altri”. Sono due gli elementi che danno forma alla performance: il testo costruito su testimonianze e ricordi e la relazione con il “posto” del titolo. Come affermano gli autori, “qualcosa di più (o di meno) di un luogo”, dove ogni dettaglio assume significato. Lo sguardo dello spettatore, che – dal salone d’angolo con il doppio bow-window caratteristico dell’architettura di Piero Portaluppi – abbraccia le due ali dell’appartamento con quadri tanto celebri da costituire già un “paesaggio mentale” della modernità novecentesca, viene ulteriormente sollecitato dal continuo richiamo a scenari lontani, grazie a un estro immaginifico notevole che si coniuga al registro quotidiano e credibile dell’interpretazione.

Ed ecco allora i paesaggi evocati da Marieda, che fanno da contraltare all’ambientazione da interno borghese, ma soprattutto quelli dei viaggi di lavoro di Antonio, ingegnere alla Pirelli. Con sobria precisione verbale Tagliarini dipinge a parole quadri non meno affascinanti di quelli appesi alle pareti, soffermandosi su dettagli quali il “giunto Boschi”, brevetto da lui inventato e in uso nella metropolitana parigina, lo stesso giunto che lega, idealmente, la Milano di quegli anni all’Europa; oppure il cilindro di ceramica sui pali della luce; o ancora l’aerodinamica dei movimenti di un uccello variopinto nella foresta amazzonica. Una “grande bellezza” tutta milanese, da immaginare a partire da luoghi dove non si penserebbe di trovarla, che prende forma in una drammaturgia che misura ogni parola e insieme sa commuovere.

La quotidianità di un tempo della coppia Boschi Di Stefano prende forma fino a coinvolgere tutti i sensi: l’odore d’olio delle tele, la poltrona consumata, i pranzi con Fontana. Il percorso di messa in scena della realtà, già visto in Reality e nell’intera Trilogia dell’Invisibile, si allontana sempre più dall’idea di rappresentazione per farsi tangibile e identificarsi addirittura in uno spazio-tempo che non appartiene al mondo della finzione. L’intimità della pareti domestiche e l’umanità di due vite “eccezionali” e lontane diventano figure vicine e autentiche che, nella relazione con lo sfondo, si spogliano della freddezza museale e avvicinano il pubblico a un luogo imbalsamato e da molti dimenticato.

Francesca Serrazanetti e Sara Sullam