“La salute non analizza se stessa e neppure si guarda nello specchio. Solo noi malati sappiamo qualche cosa di noi stessi”. Era così per Italo Svevo, che nel suo romanzo più celebre metteva in luce uno degli aspetti cardine del rapporto dell’essere umano con la patologia: la necessità di riconsiderare se stessi, la messa in discussione del proprio io nel mondo, la scoperta di una percezione altra (una coscienza?) della normalità e del reale. Un percorso accidentato e tutt’altro che semplice: spesso coatto e doloroso, talvolta frustrante, i cui esiti incerti possono però portare in qualche caso a risultati positivi. Lo testimonia ormai da diversi anni Chiara Stoppa, protagonista e autrice (insieme a Mattia Fabris) de Il ritratto della salute, spettacolo vincitore dell’ultima edizione del Premio Sonia Bonacina. Un monologo serrato, innervato di un’ironia pungente, talvolta amarissima, che racconta l’esperienza (“vietato chiamarla lotta!”) della Stoppa con il cancro che l’ha afflitta per tre lunghi anni.
Un approccio anticonvenzionale quello dell’attrice dell’Atir, in cui la criticità nei confronti del trattamento puramente farmacologico della malattia (e della dimensione disumanizzante che talvolta accompagna la medicalizzazione) non sfocia in superstizione, nell’affidarsi a santi, santoni e stregoni, ma in una presa di coscienza: la consapevolezza che l’aspetto psicologico, il desiderio di vivere e il sentirsi accettati, attivi nel proprio ambito lavorativo come in quello sociale, giocano un ruolo determinante durante la degenza. Un insegnamento semplice ma, soprattutto nelle sue implicazioni pratiche, nient’affatto scontato, che unito all’abilità comunicativa della Stoppa, capace di narrare la propria personalissima vicenda con una schiettezza disarmante, conquista la platea dei ragazzi chiamati a fare da giuria per il premio. E se la vitalità della Stoppa, con la sua contagiosa forza di volontà, edifica, diverte, commuove perfino i giovani spettatori (che nel post-spettacolo fanno a gara a testimoniare la propria partecipazione all’attrice) ancora più incoraggiante è constatare come sia sufficiente un spettacolo ben tarato per far sì che le nuove generazioni accolgano il teatro senza resistenze. È nei loro commenti sorpresi, nel loro dichiararsi meravigliati che il mezzo teatrale sia qualcosa di comprensibile, capace di intercettare la loro attenzione, il loro linguaggio, il migliore risultato del Premio Bonacina. Non è forse anche questa, a suo modo, una prodigiosa e benefica dimostrazione di vitalità?

Corrado Rovida

Il ritratto della salute
di Mattia Fabris e Chiara Stoppa
regia Mattia Fabris
con Chiara Stoppa
produzione ATIR Teatro Ringhiera