uno spettacolo di Susanna Beltrami
liberamente ispirato al libretto di Vasilij Kandinskij
visto all’Elfo Puccini di Milano _ 11-12 ottobre 2014
nell’ambito del Festival MilanOltre

“La metà della finestra si è rotta”, dichiara uno dei danzatori. È con queste parole che inizia Der Gelbe Klang di Susanna Beltrami, una tra le voci più autorevoli della danza contemporanea italiana. Tredici performers si cimentano in uno spettacolo dalla dimensione atemporale, liberamente ispirato al libretto dell’artista Vasilij Kandinskij.

A dominare la scena, gialla come il titolo preannuncia, sono le fotografie di Mario Mattioli e le illustrazioni di Giorgio Martino, proiettate su un’intelaiatura che separa la scena dal pubblico. Le musiche, che nella precedente realizzazione di Susanna Beltrami (2012) corrispondevano alla partitura ideata da Alfred Schnittke nel 1974, vengono completamente riattualizzate e spaziano dal genere classico a quello elettronico. Ad interpretarle sono un dj e un violinista disposti sulla destra del palcoscenico. La narrazione di Susanna Beltrami (una narrazione che non si sottopone ai criteri della logica) comincia esplicitamente con una rottura. I vetri della finestra si rispezzano anche a metà dello spettacolo: i suoni sgradevoli e l’immagine sullo sfondo di una finestra verde che rimane aperta per metà ne danno testimonianza. Dalla frattura, nasce il movimento: si susseguono partiture di coppia (su sfondo giallo), sequenze al femminile (a sfondo rosso), o al maschile (a sfondo verde). Le immagini che definiscono la scena si colorano di disegni dal carattere onirico e inquietante. Le più riuscite, proiettate ripetutamente durante lo spettacolo, si compongono dapprima di spaventosi giganti verdi – protagonisti anche della composizione scenica di Kandinskij – poi di pietre che via via costituiscono una muraglia. “I sogni duri come la roccia”, dichiara uno dei danzatori, riprendendo l’incipit del libretto di Kandinskij . “E rocce parlanti”, continua la voce, mentre le pietre si popolano di occhi enormi. Osservano, ciascuno dalla propria angolazione, quanto sta accadendo, come a suggerire allo spettatore di scegliere il punto di vista preferito attraverso cui interpretare la scena.
In viaggio in questi ambienti sospesi tra sogno e realtà, i danzatori si lasciano andare a un vociare confuso, embrionale forma di relazione, tentativo di distrazione dall’oneroso compito di ricomporre un puzzle forte rotto per sempre. Il percorso prevede il passaggio attraverso una selva di croci, a sfondo nero e grigio: una passione che riconduce al giallo.

Susanna Beltrami sceglie una partitura frammentaria e multisensoriale, che attraversa il linguaggio fisico e concreto di corpi, ma che coinvolge senza gerarchia anche l’apparato visivo e musicale: una drammaturgia polifonica che sembra ricordarci che la vita è continua tensione al riassemblamento dei pezzi mancanti. “L’altra metà della finestra è aperta”, e lo rimarrà per sempre: spiraglio necessario ad ognuno di noi per reinventarsi e comunicarsi al mondo.

Giovanna Di Martino

 

Questo contenuto fa parte del laboratorio critico di Stratagemmi, in occasione di MilanOltre.