Sul finire degli anni Venti, Dziga Vertov dà vita a un nuovo genere documentario dal titolo “sinfonia della città” in cui descrive, con l’innovativa tecnica del cineocchio, lo svolgersi della vita in una metropoli, osservata dall’alba al tramonto. L’idea era quella di raccontare la città mescolando elementi visivi e sonori, senza scegliere una prospettiva privilegiata: ma l’assenza di un punto di vista (e dunque di uno sguardo autoriale) è spesso illusoria, anche in un documentario.
Da simili presupposti e dalle stesse aporie sono partiti il regista Marco Corsucci (1995, diplomato in regia e finalista del bando Biennale College 2022 con Mine-Haha) e Andrea Dante Benazzo (1996, diplomato in recitazione, regista e autore di Partschótt e end-to-end), in questo lavoro nel ruolo di dramaturg: Le mie parole vedranno per me, dopo un debutto nella stagione di TPE, approda  in Triennale nell’ambito del Festival Fog, accanto a nomi come Romeo Castellucci e Gisèle Vienne.

In una sala di Area X – lo spazio torinese dedicato alla visione della realtà virtuale – il pubblico è disposto «su due file, una di fronte all’altra. Al centro dello spazio sono collocati l’uno davanti all’altra, a una distanza di cinque metri, un uomo seduto a un tavolo e una testa artificiale […] Sul bracciolo destro di ciascuna sedia è appoggiato un paio di cuffie». Recita così una voce sintetica presentando la performance, immergendo de facto il pubblico all’interno di un documentario sonoro. Sono le voci dei protagonisti, persone cieche e ipovedenti, a delineare un quadro della loro vita quotidiana attraverso registrazioni raccolte nei mesi precedenti allo spettacolo. Nei diversi racconti – c’è chi non vede dalla nascita, e chi invece è diventato cieco più tardi – la realtà sembra comporsi di riflessi e impressioni, tra la memoria di immagini viste in una fase precedente della vita, e quelle raccontate da occhi altrui.
Il pubblico è immerso nel buio mentre ascolta le registrazioni, come a condividere per un momento la condizione percettiva in cui i narratori si trovano: «i luoghi sanno esserci indipendentemente dal fatto che tu li veda o meno» confida la prima voce mentre passeggia per la città, raccontando ciò che ricorda e non vede più. Qualcuno prova a descrivere il proprio aspetto fisico, un altro descrive un episodio apparentemente banale come una partita di tennis. Nell’abile montaggio sonoro, curato da Dario Felli e Federico Mezzana, ogni immagine sembra riverberare un’emozione piccola eppure percettibile: quanto c’è di noi nel ricordo di una strada che percorriamo, o di un oggetto che portiamo con noi?

foto: Andrea Macchia

Se facciamo l’esercizio di visualizzare un ricordo, è probabile che al centro ci sia un’immagine. Ma se provassimo a toglierla? Le mie parole vedranno per me è un esercizio di sottrazione, per riscoprire nell’ovvio qualcosa di nuovo. Togliendo allo spettatore il confort delle convenzioni (le sedie, la luce sul palco, la separazione tra palco e platea), Benazzo e Corsucci giocano al confine tra performance e installazione sonora, lasciando lo spettatore in una condizione di scomodità, attivando solo l’udito e invitando a entrare nella memoria altrui e dunque, inevitabilmente, nella propria. L’immersione radicale in una sola dimensione sensoriale può essere sovversiva: come dipingere di bianco un quadro e appenderlo a una parete immacolata (i White Paintings di Robert Rauschenberg) o come comporre un brano sul concetto di silenzio assoluto (come 4’33’’ di John Cage). Attraverso il sondaggio delle nostre contraddizioni sensoriali, una definizione può arrivare a contenere il suo esatto opposto, come la possibilità di sentire il suono nell’assoluto silenzio – questo il paradosso creato da Cage – o la possibilità di vedere distintamente immagini dopo aver ascoltato racconti immersi nel buio (la radio è «visione accecata», amava dire Carmelo Bene).

foto: Andrea Macchia

Solo a questo punto, dopo aver riattivato i sensi iperstimolati degli spettatori, Benazzo e Corsucci riaccendono le luci: è il momento dell’unica azione scenica dello spettacolo. Marco Bongi, seduto al tavolo, si alza, va verso una stampante posizionata sul pavimento, prende un foglio scritto in braille, torna indietro e lo legge. L’azione appena conclusa è stata registrata – in diretta dalla testa artificiale presente in scena, dotata di un microfono binaurale – ed è adesso trasmessa nelle cuffie degli spettatori, che ascoltano privati della visione dei movimenti. All’udito arrivano gli stessi rumori che corrispondevano solo ed esclusivamente a quei gesti, appartenenti già a un recente passato: ora la mente prova a tessere la sua personale, nuova narrazione dell’atto appena compiuto. E così, in platea, ci si ritrova a sovrascrivere all’udito immagini simili, ma mai uguali. Cosa possiamo considerare “reale” se ogni cosa che osserviamo, nell’istante stesso in cui diventa passato, è già soggetta a modifiche? «Immagini care per qualche istante sarete presto una folla distante scavalcate da un ricordo più vicino», canta De Andrè traducendo Georges Brassens. «Tutte le immagini scompariranno», assicura Annie Ernaux ne Gli anni. Come Edipo, dopo esserci illusi di comprendere e dominare la realtà, la riscopriamo da ciechi, improvvisamente consapevoli dell’illusione e della fugacità di ciò che abbiamo vissuto. 

Francesca Rigato


in copertina: foto di Andrea Macchia

LE MIE PAROLE VEDRANNO PER ME
regia
Marco Corsucci
dramaturg Andrea Dante Benazzo
con Marco Bongi
con le voci di Fabio Bizzotto, Marco Bongi, Angelita Cipriani, Dajana Gioffré, Eugenio Mattiazzi, Simona Tesio, Alessandra Zerbinati
suono Dario Felli, Federico Mezzana
luci Alessio Pascale
datore luci Alessia Massai
fonico Francesco Dina
direttrice di scena Yasmin Pochat
disegno modello 3D Andrea Belli
stampa 3D service “PolyD”
produzione TPE – Teatro Piemonte Europa
in collaborazione con Intesa Sanpaolo / Area X – Area X è un progetto di Intesa Sanpaolo Assicura, Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – Sezione territoriale di Torino e A.P.R.I. Onlus
con la partecipazione al progetto di Raffaella Albertengo, Walter Boffa, Omar Echbarbi, Pericle Farris, Sara Frigerio, Vanda Mencaglia, Stefano Mercurio, Paolo Peroglio, Valter Primo, Ambrogio Riili