L’adolescenza come momento di accelerazione e cambiamento, come snodo destinato a incidere irreversibilmente sulla vita, passaggio sempre irrisolto con cui tornare a fare i conti. Frank Wedekind scrive Risveglio di primavera mentre il Novecento bussa alle porte, mettendo sotto la lente di ingrandimento il nascere dei turbamenti sessuali, la necessità di chiedere e scoprire, la voglia di scontrarsi con l’esistente.
La compagnia Navel Art, fondata nel 2017 a Madrid, è partita non a caso da questo testo per un percorso di attraversamento dell’adolescenza, e per uno spettacolo all’insegna del dialogo intergenerazionale (lo spettacolo Incredibile, indecente, in scena al Teatro Litta il 29 settembre). «Si crede erroneamente che quando si parla di adolescenza si debba parlare necessariamente a un pubblico di adolescenti», nota la regista spagnola Teresa Ases. Invece l’adolescenza dovrebbe essere un campo di indagine anche per gli adulti.
Come contrappunto al progetto, Navel Art ne ha condiviso i presupposti in un momento di dialogo aperto al pubblico negli spazi del Teatro Litta MTM con Anna Stefi, psicoteraupeuta e Valentina Picariello, curatrice di Zona K ed esperta di teatro partecipativo, coordinato da Maddalena Giovannelli. Ecco alcune questioni emerse dal confronto:
1# Proteggersi dalle parole
Sedute terapeutiche online, litigi in chat, comunità che esistono solo sui social network: non è un mistero che l’adolescenza di oggi abbia bisogno di filtri per vivere le relazioni e prendere parola dietro lo schermo, senza esporsi troppo. Questa necessità non va respinta in toto, suggerisce la psicoterapeuta Anna Stefi: «Bisogna in prima istanza accogliere l’esigenza che le ragazze e i ragazzi manifestano, per evitare che si chiuda la finestra del confronto». E poi, una volta che il rapporto di fiducia è impostato, provare a spostare il confronto su un altro piano.
Della stessa opinione è Valentina Picariello, che ha osservato diversi percorsi partecipati con giovani spettatori e spettatrici: «Nell’esperienza recente, ho visto raggiungere i risultati più sorprendenti quando le ragazze e i ragazzi si sentivano liberi di raccontare qualcosa di loro attraverso un medium: una registrazione, una lettera, un messaggio vocale». Raccontarsi senza filtri, attraverso la presenza in scena del proprio corpo, rischia di essere una difficoltà troppo grande.
Si deve rinunciare dunque a quello che è il territorio specifico del teatro, cioè all’incontro in presenza tra i corpi senza nessun filtro? Niente affatto. Le diverse pratiche possono (e devono) andare di pari passo. La messa in gioco dei corpi e l’esperienza di un laboratorio teatrale sono oggi più che mai necessarie; ma altri canali possono essere aperti in parallelo, raccogliendo le parole che arrivano dal mondo virtuale come un messaggio in bottiglia.
2# Riconoscersi nell’altro
L’opera di Wedekind riesce a raccontare il doppio movimento che spesso anima l’adolescenza: da un lato una forte concentrazione, non di rado ossessiva, sui propri problemi; dall’altro il desiderio di essere gruppo, comunità, di non restare da soli. Ma per incontrare l’altro, bisogna avere il coraggio di guardarlo davvero, anche nei suoi aspetti spiacevoli o disturbanti. In questa prospettiva, sottolinea Valentina Picariello, un laboratorio di teatro o di drammaturgia o un percorso partecipativo possono essere un territorio ideale per una autentica pratica di riconoscimento. Il luogo in cui si apprende che ciò che mi accade accade in modo uguale anche all’altro, che la mia sofferenza si riflette nell’altro e che — in definitiva — il particolare è universale.
3# Adolescenza motore di cambiamento?
Gli adolescenti, osserva Anna Stefi, sono oggi in evidente difficoltà nel pensare il futuro, una dimensione che sentono compromessa anche dalle conseguenze del cambiamento climatico, ormai drammaticamente sotto i loro occhi. Eppure — lo ricorda bene Risveglio di Primavera — l’adolescenza è per eccellenza un momento trasformativo: i ragazzi e le ragazze, alle prese con enormi questioni identitarie e con una significativa crisi economico-sociale, hanno in sé grandi risorse per attivare il cambiamento. Il punto di partenza è sempre la dimensione del desiderio, che rischia di restare silente o assuefatto sotto un eccesso di stimoli e impulsi. In questa prospettiva il teatro può offrire un terreno ideale, riflette la regista Teresa Ases. Non a caso, Incredibile, indecente prende le mosse proprio da un’indagine su amore e sessualità: per ricominciare dal desiderio, e trasformarlo in cambiamento.
a cura della Redazione
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