(si ode un rumore tempestoso di tuoni e fulmini.)Con queste parole si apre La Tempesta, il celebre dramma shakespeariano che vede i suoi protagonisti intrappolati su un’isola imprecisata del Mediterraneo. La tragedia del bardo inglese comincia proprio con un naufragio, ed è con le stesse premesse che va in scena INSEL, ultimo lavoro del duo Panzetti/Ticconi.
A confondersi con il vociare del pubblico che prende posto in sala vi è un leggero scrosciare di onde che si infrangono dolcemente in un moto lento e rassicurante. All’abbassarsi delle luci però l’atmosfera cambia, s’incupisce, il ritmo delle onde si trasforma in un fragore sempre più impetuoso fino a esplodere in una tempesta tonante. Una figura scura, su un palcoscenico pressoché spoglio, tenta di issare una corda all’interno di un’imbarcazione immaginaria. Il tempestoso tappeto sonoro ha però la meglio: le onde diventano indomabili, ribaltano la nave, la figura viene sbalzata fuori dalla scena per irrompere nuovamente sul palco qualche istante dopo, catapultata attraverso il telo nero che fa da sfondo. Adesso però non è più sola: la sua ombra è con lei.
Se Shakespeare popola l’isola della sua vicenda con creature fantastiche e mostruose, nobili usurpati, giovani innamorati e buffoneschi marinai, in INSEL – “isola” in tedesco – il naufragio serve da pretesto per un’indagine introspettiva strutturata in chiave dialogica. La partitura coreografica insiste sull’elemento cardine del contrasto chiaroscuro: quattro performer, due corpi e due ombre, si confrontano in una danza – molto frammentata all’inizio e che acquista sempre più fluidità –, in un contesto di estrema solitudine. Un isolamento, appunto. Assistendo alla performance è impossibile non interrogarsi su come reagiremmo se all’improvviso ci ritrovassimo costretti in un ambiente sconosciuto e asetticamente ostile, forzatamente allontanati dalla realtà. La risposta di Ginevra Panzetti ed Enrico Ticconi prende forma in un introspettivo gioco di potere, a tratti anche molto violento: un botta e risposta tra corporalità e inconscio che sembra non lasciare altre possibilità all’individuo se non quella di scontrarsi con il proprio io più nero, a costo di farsi schiacciare e tormentare dall’oscurità che, ribellatasi, emerge inarrestabile.
Ad aggiungere una componente onirica all’atmosfera è la voce di Gavino Murgia, che attinge alle origini della cultura popolare sarda utilizzando melodie nasali, vibrazioni e suoni gutturali che si confondono e a tratti sostituiscono la composizione musicale di Domenico Castellucci. Anche i performer mimano con il labiale iniziali monologhi frammentari che diventano sempre più incomprensibili fino a fondersi con gli altri elementi sonori: un intreccio dai toni tellurici, che richiamano a una dimensione rituale e mitologica. Questa stessa ritualità viene ripresa anche dalla coreografia, con i performer disposti circolarmente al centro del palco mentre si muovono al ritmo di una danza dalle tinte sempre più tribali – effetto accentuato anche grazie a un disegno luci particolarmente riuscito e che, insieme al trucco pesantemente ricalcato sul viso dei danzatori, rende le loro angosciose smorfie di disperazione ancora più grottesche.
Debuttato la scorsa estate durante il festival berlinese Tanz im August, e presentato in prima nazionale in questa trentasettesima edizione di MilanOltre, INSEL propone allo spettatore un’indagine sui possibili risvolti di un confronto interiore dell’essere umano in una condizione di forzata solitudine. Sul finale, il viaggio in cui ci accompagnano Panzetti/Ticconi prende una direzione inaspettata: i movimenti e l’accompagnamento musicale — non altrettanto potente quanto il resto della performance — portano lo spettatore a uno stato di trance che disorienta e confonde. Un senso di stordimento che frastorna e suscita il desiderio di tornare il prima possibile al mondo reale, a un contatto umano. Dopo una performance di inquietudini, introspezione e smarrimento più o meno consapevole, proprio come Prospero alla fine della sua storia, il pubblico è impaziente di tornare sulla terra ferma.
Elena Vismara
INSEL
coreografia, ideazione visiva, voci Panzetti / Ticconi
interpreti Sissj Bassani, Efthimios Moschopoulos, Aleksandra Petrushevska, Julia Plawgo
composizione musicale Demetrio Castellucci
musica e voce Gavino Murgia
disegno luci Annegret Schalke
costumi Werkstattkollektiv
copricapi, oggetto di scena, grafica Ginevra Panzetti
testi tratti da The Tempest by W. Shakespeare, The Book of Disquiet by F. Pessoa, Notes from Underground by F. Dostoevsky
foto di @Valerio Figuccio
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview