“Aprile è il più crudele dei mesi, genera lillà da terra morta, confondendo memoria e desiderio”. Al rimbombo di queste parole di The Waste Land di T.S. Eliot, sul palco di DanceHaus comincia a cadere finissima la neve, illuminata da un ‘filo’ di neon. Sotto di essa, due danzatori ballano, scostando coi propri movimenti l’aria densa e percorrendo sentieri di luce opalescente. Loro sono il Bianco. Ma non sono i soli. Il bianco sono infatti anche semidei che si abbracciano in un allegro sirtaki. Il bianco è una donna velata che rappresenta la spiritualità pura. Il bianco è in lotta con il nero. Ecco allora fare il loro ingresso le Erinni, donne bellissime, cupe e isolate in sé stesse, che si rifugiano nel furore bacchico dei loro corpi. Il nero sono i dittatori, che, con mantelli e occhiali scuri, fanno di chi incontrano il loro burattino. È così che i danzatori diventano pedine di scacchi in una scena di grande impatto visivo: e viene da chiedersi se, come sulla scacchiera, alla fine prevarrà uno dei due colori. Al “matto”, però, invece di un’esecuzione, cavallo e re iniziano una danza sensuale che determina la fusione tra luce e ombra, senza che nessuna delle due soccomba. Sarà questa la natura umana? Non c’è tempo per rispondere perché, con un rapido movimento, il dittatore nero ipnotizza anche il pubblico e lo indirizza in un’altra sala. Siamo all’esterno di un castello. Gli abiti candidi sono appesi sopra le teste dei performer nudi: i corpi spogliati sono quelli di un reame affaticato, che cerca di rialzarsi. Le ferite che i sudditi si portano addosso simboleggiano una battaglia che sembra essere stata vinta. E invece torna il nero! Due uomini in abito scuro chiudono il ponte levatoio e ricacciano nelle torri i ribelli bianchi. È così che arriva la morte?
Incolonnato in processione, il pubblico rientra in silenzio nella prima sala, dove ora si sta consumando una funzione sacra. Candele e luci rosse indicano che è tutto finito. È una purificazione, ma anche una libagione. Il corpo di ballo è tutto vestito di bianco. Vola leggerissimo, come i fiocchi di neve iniziali. Offerte votive sono porte al pubblico, come segno di riconciliazione. Ed ecco l’ultima domanda: è così che si celebra la pace?

Micol Sala


Io sono il bianco del nero
Spettacolo di Susanna Beltrami
Interpreti Alice Beatrice Carrino, Samira Cogliandro, Cristian Cucco, Giuseppe Morello
e Giovanni Leone, Vanessa Loi, Michela Priuli, Giulia Vacca, Elena Valdetara
Con Matteo Bittante, Daniele Ziglioli
Consulenza drammaturgica Lorenzo Conti
Disegno luci Matteo Bittante
Tecnico di scena Mario Giallanza
produzione ContART, MilanOltre e con il sostegno di NEXT – laboratorio delle Idee 2016

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView