progetto, regia e coreografia di Stefano Mazzotta / Zerogrammi
creato con Chiara Guglielmi
visto al Pim Off di Milano _ 23-25 maggio 2016
replica a Monserrato (Ca) nell’ambito di t.off _ 10 giugno 2016

Cosa c’è di più donchisciottesco di fare danza, oggi, in Italia? Sognatori, impavidi, determinati come il cavaliere della Mancia, i fondatori di Zerogrammi sono riusciti a vincere contro i mulini a vento: in pochi anni la loro compagnia, nata nelle aule della Paolo Grassi, è diventata una realtà competitiva nel panorama della danza contemporanea europea. Nessuna sorpresa allora se proprio al Quijote guarda l’ultima creazione del gruppo: Jentu, al debutto al Pim Off (che è anche co-produttore), racconta la storia di chi non è disposto a stare rinchiuso tra le strette maglie del reale, a costo di affrontare sconfitte e fallimenti.

Stefano Mazzotta, ideatore e coreografo, si avvicina all’opera di Miguel De Cervantes di sbieco, cercando di coglierne poche essenziali suggestioni e di trasferirle in una riscrittura coreutica tutta proiettata all’oggi. Il rapporto di Zerogrammi coi classici – come già in Mappugghjie ispirato all’Odissea e nel più recente Alcesti – si conferma quindi libero, aperto, non appesantito da esigenze narrative o da forzosi intellettualismi: non vengono presentati brani tratti dall’opera di riferimento, i segmenti di racconto si susseguono in modo non consequenziale, il sistema dei personaggi pare tutt’altro che determinato. Anzi, più ancora che in precedenti lavori, Mazzotta e la co-creatrice Chiara Guglielmi si concedono una partitura coreografica pura, senza mai cedere al didascalico: le due figure sul palco – lui arruffato e coperto da un cappotto-armatura, lei esile e leggera come un piccolo elfo – si inseguono in vorticose avventure di movimento, tracciando alterni equilibri reciproci che sta allo spettatore interpretare.

Unico elemento scenografico, posto in proscenio, è una finestra dalla quale sbirciare lontano: ma fuori, direbbe Paolo Conte, “piove un mondo freddo” e lo sgocciolio dell’acqua scandisce il tempo dell’attesa. Dietro quell’avamposto si dipana lo sterminato spazio dell’immaginario dove è lecito combattere i nemici, rincorrersi a perdifiato, e persino cavalcare un buffo Ronzinante. La partitura fluida di contatti e prese, di complicità e fratellanza (che rarità vedere un duo che non evochi l’amore tra l’uomo e la donna!) si alterna a malinconici momenti di sospensione alla finestra: quasi la realtà, impossibile da ignorare, finisse sempre per richiamare a se stessa i due eroi. E anche se Chiara/Sancho non cessa di spronare il suo cavaliere (“alzati! corri! combatti!”), Stefano/Chisciotte, appeso il cappotto al chiodo, si allontana. Ma fuori dal palco, si sa, è ben più difficile dar corpo ai sogni.

Maddalena Giovannelli