Cosa resta di un coreografo dopo la sua morte? Le fotografie, i video, le testimonianze, sono abbastanza per ricostruire la sua poetica del movimento?
Mentre a Wuppertal i danzatori del Tanztheater stanno cercando una strada per mantenere in vita gli Stücke della maestra Bausch con la trasmissione e l’ingresso di nuovi interpreti, il coreografo francese Jérôme Bel prova a vedere cosa accade se si portano le lancette del tempo ancora un po’ più indietro. Cosa resta, per esempio, delle danze della Signora delle danze libere? Lo spettacolo Isadora Duncan – presentato miracolosamente a Kilowatt festival, in un contesto in cui sembrava impossibile veder approdare in Italia una compagnia internazionale – è una riflessione sulla trasmissione, sulla transitorietà della memoria, sulla capacità del corpo di farsi archivio. In scena troneggia la danzatrice Elisabeth Schwartz, uno scrigno vivente del repertorio Duncan: si è formata negli anni settanta con Julia Levien, una delle allieve più strette di Anna Duncan, figlia di Isadora. Un passaggio di testimone di generazione in generazione, quasi l’apprendimento del materiale coreutico fosse un gioiello di famiglia da tramandare e mostrare.

Isadora Duncan di Jérôme Bel

Accanto alla Schwartz, Chiara Gallerani (assistente di Jérôme Bel) conduce il gioco. Le danze storiche di Duncan vengono prima presentate, contestualizzate e datate e subito dopo eseguite da Schwartz. Sotto le tuniche in stile greco à la Isadora, si intravedono le gambe allenate della danzatrice, che non nascondono la loro perizia e la loro età: immagine icastica e toccante del valore impagabile della conoscenza corporea, e allo stesso tempo della sua caducità. Le notizie sulla composizione delle opere si intrecciano con episodi chiave della vita della Duncan tratti dall’autobiografia La mia vita (è del 2019 l’ultima edizione di Castelvecchi); come quando Isadora danzò il lutto dei due figli persi in un incidente stradale, o riuscì a trasmettere con la coreografia l’energia di un amore appena nato.

Isadora Duncan di Jérôme Bel

Il tono asciutto di Gallerani sembra ricordare allo spettatore che non si indulgerà in nessuna spettacolarizzazione; persino gli applausi per la splendida danzatrice vengono fermati sul nascere e rimandati alla fine della serata. Il registro, semmai, è quello dell’anatomia. Le danze vengono ripetute e scomposte, la voce di Gallerani accompagna a ogni sezione di movimento una parola chiave (“onda”, “desiderio”, “rinuncia”), e il pubblico ha così la possibilità di sbirciare nel patrimonio mnemonico della danzatrice per poi rivederla eseguire il pezzo comprendendone le dinamiche interne. Allo stesso tempo, il carattere astratto ed evocativo delle indicazioni invita a sovrapporre il proprio personale immaginario a quello della partitura coreutica. La condivisione del codice e la pratica del riconoscimento aumenta la consapevolezza dello spettatore, che trasforma radicalmente il proprio modo di guardare danza. L’ultimo passaggio proposto dallo spettacolo è dunque solo la punta dell’iceberg: dalla platea, un piccolo gruppo viene invitato a salire sul palco, a imparare ed eseguire una delle danze, e a diventare così parte dell’archivio vivente di Isadora Duncan. Dallo sguardo alla pratica, il meccanismo può sembrare didascalico nella sua semplicità (e tale è parso a non pochi addetti ai lavori); ma, a ben guardare, Jérôme Bel tenta una profonda e radicale indagine sul ruolo del pubblico, e sul suo posizionamento nella fruizione della danza.

Gerarda Ventura, Gaia Clotilde Chernetich e Alessandro Pontremoli durante la conferenza

Lo spettacolo di Bel non è stata l’unica occasione, all’interno del festival, per riflettere sulle direzioni, le istanze e le trasformazioni della danza europea. Gerarda Ventura con Anghiari Dance Hub (uno dei più rilevanti centri di promozione della danza sul piano nazionale) ha creato nel palinsesto di Kilowatt un importante momento di scambio tra studiosi (Alessandro Pontremoli, Fabio Acca, Stefano Tomassini) e coreografi (Salvo Lombardo, Cristina Kristal Rizzo) sul tema della drammaturgia della danza dal titolo Micro e macro drammaturgie della danza. Diverse le questioni emerse, che hanno segnato una possibile agenda per nuovi appuntamenti seminariali: la necessità di elaborare un lessico condiviso circa le pratiche di scrittura della danza; l’urgenza di dare spazio a figure professionali, come quella del dramaturg, riconosciute in Europa ma ancora in ombra nel panorama nostrano (ne ha parlato la studiosa e dramaturg Gaia Clotilde Chernetich); la possibilità di considerare anche le forme curatoriali come vere e proprie prassi drammaturgiche. Un panorama – quello che emerge dalla discussione e dal festival – in cui molto resta da fare, ma che pare in una proficua fase di transizione e movimento.

Maddalena Giovannelli

(foto di copertina Camille Blake)


ISADORA DUNCAN
concept Jérôme Bel
coreografia Isadora Duncan
con Elisabeth Schwartz, Chiara Gallerani
fotografia Véronique Ellena
co-produzione La Commune centre dramatique national d’Aubervilliers, Les Spectacles Vivants – Centre Georges Pompidou, Festival d’Automne, R.B. Jérôme Bel, Tanz im August/ HAU Hebbel am Ufer, BIT Teatergarasjen
con il supporto di CND Centre National de la Danse, all’interno del programma di residenza MC93, Ménagerie de Verre, nel contesto di Studiolab

MICRO E MACRO DRAMMATURGIE DELLA DANZA
un’iniziativa di Anghiari Dance Hub, Centro di Promozione della Danza
con Fabio Acca, Salvo Lombardo, Alessandro Pontremoli,Cristina Kristal Rizzo, Stefano Tomassini, Gerarda Ventura