di Sebastiano Depperu
L’articolo individua il metodo utilizzato da Pier Paolo Pasolini per adattare e modernizzare un’opera latina, ilMiles Gloriosus di Plauto, grazie alle tecniche dell’avanspettacolo. Viene tracciata la fabula, la trama della commedia che consiste nel vincere la resistenza tramite il riconoscimento di un inganno ordito dal un servo astuto, come nel caso del Miles Gloriosus e del Vantone. Per arrivare a questo, l’arma vincente di Pier Paolo Pasolini è il dialetto. Con il gergo dialettale scelto per la sua traslazione, Pasolini però non pretendeva certamente di rifare il verso a quel linguaggio, tanto realistico quanto volgare, dell’avanspettacolo, che egli stesso conosceva molto bene, dopo i suoi numeri di varietà realizzati per Laura Betti. Nel teatro di varietà al quale egli fa riferimento, il grottesco delle vicende descritte svela sempre un taglio livido, in un’ambiguità che vuole essere paura esistenziale, trapasso dal comico al tragico, che ci distrae da considerazioni linguistiche per farci addentrare in una dimensione ideologica. Il saper individuare nella maschera comica l’espressione che supera i limiti del paradosso per toccare condizioni esistenziali ben più profonde e sfuggenti troverà la sua espressione più alta nell’esperienza cinematografica di Uccellacci e Uccellini, dove Totò raggiunge un’alta concentrazione di cultura e spettacolo.