Ha debuttato da pochi giorni al Teatro Franco Parenti, nel ruolo di un anziano signore cieco, protagonista di Cita a Ciegas, il testo dell’argentino Mario Diament, tradotto e diretto da Andrée Ruth Shammah. Gioele Dix, a Tempo di Libri, prima di spostarsi in teatro, propone Gioele Dixit, una serie di appuntamenti quotidiani legati ai temi delle giornate della fiera. L’abbiamo incontrato e ci ha parlato della sua passione per la lettura e non solo.

Gioele Dixit: qual è il filo conduttore degli interventi?
Questi quattro giorni sono stati immaginati all’insegna della molteplicità: mi affido a punti di vista e voci diversi, seri e meno seri. L’ironia è il mio punto di riferimento nella vita e lo è anche a Tempo di Libri. Per il tema delle donne ho selezionato brani di Dorothy Parker, sul suo rapporto difficile, gioioso, contraddittorio con gli uomini. Inoltre, ho inserito degli estratti di Kundera, di Nora Ephron, una sceneggiatrice americana molto autoironica, e un racconto poco conosciuto di Primo Levi. Ho attinto anche da nomi come Camus, Calvino, Picasso, Buzzati, Byron. Diciamo che cerco sempre di proporre il tema del giorno da prospettive differenti.

Nel mondo dell’editoria è dato il giusto spazio al teatro?
La relazione fra il teatro e la letteratura è da sempre un po’ difficile. Il teatro ha codici e linguaggi che non tutti conoscono, per questo a volte può risultare un mondo chiuso in sé stesso. Alla lettura siamo invece tutti abituati fin da piccoli. È una questione di frequentazione; la forza comunicativa della letteratura non è diversa da quella del teatro. E poi i due mondi possono incontrarsi: Ronconi, ad esempio, è stato uno dei primi registi a utilizzare testi non teatrali per i suoi spettacoli, tutto può essere messo in scena.

Il teatro unisce, crea collegamenti tra le persone. Può farlo anche la lettura, pur essendo un’attività solitaria?
Certamente! Con i GioveDIX [ciclo di incontri dedicati alla letteratura, il giovedì al teatro Franco Parenti, ndr], do voce ai testi a teatro. Questi appuntamenti nascono da un presupposto in parte egoistico (perché sono io stesso a beneficiarne), ma si fondano anche sul presupposto di condividere qualcosa di molto bello e importante per me: sono abituato a coinvolgere chi mi sta vicino nelle letture che mi appassionano.

E come si coinvolge il pubblico in un reading?
Stimo quegli attori che non si innamorano troppo di un suono della voce ma che cercano di darti una lettura vera, vissuta. Per citarne uno, Giorgio Albertazzi, attore di grande esperienza, dotato di morbidezza e leggerezza nel leggere, tali da non farti pesare il suo giocare con le parole.

Come seleziona i brani che porta a teatro?
Bisogna essere capaci di dosare, come in una ricetta: ci vuole una parte seria e insieme un po’ di sorriso, soprattutto bisogna sapere quando spezzare, perché anche l’attenzione del pubblico ha una sua curva. Ad esempio, se io leggessi cinque canti di Dante di seguito sarebbe un bel guaio! Per apprezzare al meglio il tutto, si devono sapere gestire il tempo e le modalità; una regola che non vale solo a teatro, ma anche per i professori a scuola. Insegnare, quindi soprattutto comunicare, è diverso dall’essere colti.

Linda Arrigotti e Lavinia Meda

Questo contenuto è parte del laboratorio Fuori_riga, osservatorio critico su Tempo di Libri, a cura di Stratagemmi Prospettive Teatrali.