In un ex spazio industriale, ora accogliente e colorato ristorante, va in scena Happy Mary con Laura Magni, per la regia di Roberta Lena, partire da un soggetto di Lorenza Pieri. Lo spettacolo si apre con l’attrice che, in tenuta da jogging, annuncia che interpreterà la Madonna alla processione di Pasqua del suo paese. Fin da subito, parole e azione scenica ribadiscono che la Maria che si vuole raccontare, non è una statua, non è ferma e immobile, ma è una donna.
Per prepararsi all’importante ruolo da impersonificare durante la processione, la protagonista si avvale dell’aiuto della propria nonna, non mancando di sottolineare alcuni passaggi della vita della madre di Cristo che non la convincono a pieno. Maria ha diverse caratteristiche, non muore, è vergine, ma le hanno tolto il corpo e con esso l’umanità e così Happy Mary è il racconto di una rivendicazione del corpo femminile. Non è uno spettacolo sovversivo e dissacrante ma una storia femminista: vuole affermare come il ruolo delle donne sia stato spesso svalutato, sottolineandone, invece, la forza e la capacità di affrontare emozioni forti.
Una rivendicazione che si fa ancora più energica quando, durante lo spettacolo, si racconta la morte di Cristo. L’attrice si ferma, chiede le luci in sala e si apre al pubblico, comunicando la difficolta di affrontare il dolore della morte di un figlio, di sopravvivergli. A differenza di altri tipi di lutto, che hanno dei nomi per raccontare questa condizione, come l’essere orfani o la vedovanza, la protagonista riflette sull’assenza di un termine che indichi, per un genitore, la morte di un figlio: è un dolore contro il tempo naturale delle generazioni. Così l’umanità di Maria si fa ancora più vicina a noi quando l’attrice si dichiara incapace di interpretare quel conflitto interiore, quello delle madri di Giulio Regeni, Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, le Madonne di oggi, forti e umane. «Cosa mi importa di essere la madre di un rivoluzionario se non c’è più?», si interroga Laura Magni prima di dare vita, nella scena successiva, al centurione romano che assiste alla crocifissione di Gesù, incredulo di fronte alla forza del perdono di Maria, tanto da sentirsi lui stesso il figlio sacrificato in croce.
Con ironia, Laura Magni incoraggia il pubblico a essere forte e felice, di non essere statue costrette in pose plastiche e imposte, chiede di guardare Maria, la prima delle figlie di Eva: umana, semplicemente una donna, con un corpo. Con tutto ciò che ne consegue.
Anita Beretta, Valeria Gail Coscia
in copertina: foto di Davide Aiello
HAPPY MARY
di Lorenza Pieri
drammaturgia di Roberta Lena, Laura Magni e Lorenza Pieri
con Laura Magni
regia di Roberta Lena
responsabile tecnico musiche/luci Guido Bianchini
creazione luci di Agostino Nardella
scenografia di Jacopo Valsania
costumi di Roberta Vacchetta
fonica di Luca Vicinelli
Contenuto scritto nell’ambito dell’osservatorio critico di FringeMI 2023