di Michaela Stubbs
Urla, freddo, le onde sempre più alte, il vento impietoso attraverso le fessure della piccola nave, attraverso quella porta serrata che non lascia via di fuga. È questo ciò che hanno visto e sentito le 283 persone morte al largo delle coste siciliane, nei pressi di Portopalo di Capo Passero, il 25 dicembre 1996 prima di affondare e diventare fantasmi. Erano migranti provenienti dallo Sri Lanka, dall’India e dal Pakistan.
I pescatori della zona che nei mesi seguenti recuperarono documenti, indumenti, scarpe, cadaveri e perfino teste li rigettarono in mare creando un silenzio volto a proteggere i bisogni economici e commerciali del paese. Un silenzio che si nutriva di omertà, razzismo e indifferenza.
“Abbiamo a che fare per tradizione millenaria con destino e sorte”.
Il destino bussa alle porte del pescatore Salvatore Lupo mentre sta leggendo sul giornale un articolo riguardante la vittoria della figlia a un concorso di bellezza: sulla stessa pagina una foto, identica a quella di un documento d’identità rinvenuto durante la pesca, accompagna un pezzo che denuncia la scomparsa del giovane ritratto.
È grazie a lui che si avvia l’inchiesta del giornalista Giovanni Maria Bellu che riuscì a far chiarezza sul naufragio e che rappresenta il punto di partenza della drammaturgia dello spettacolo di Renato Sarti prodotto dal Teatro della Cooperativa.
Nel giugno del 2001 le immagini della nave fantasma fecero il giro del mondo ma il relitto è e resta ancora li e il fatto è passato sotto silenzio da autorità e mass media.
Renato Sarti e Bebo Storti portano in scena in un cabaret tragico la necessità di far conoscere e ricordare il dramma avvenuto. Raccontano questa storia rivolgendosi direttamente al pubblico, coinvolgendolo e portandolo sul palco. La scenografia è povera, com’è nella tradizione del Teatro della Cooperativa che lavora sull’evocazione coinvolgendo il pubblico e aiutandolo ad immaginare.
Con grande maestria riescono a rappresentare un tema delicato senza spingere troppo sul tragico per evitare di risultare pesanti, riuscendo a far ridere il pubblico perfino dei fatti più crudi grazie alla straordinaria capacità di raccontare cose terribili con un’ironia dissacrante. Criticano fortemente giornali e televisioni, pronti a spettacolizzare il tragico solo quando le vittime sono bianche e benestanti, come nel caso della contessa Francesca Vacca Augusta, caduta dalla scogliera di Portofino e oggetto di innumerevoli ricerche e indagini della polizia.
Quando lo spettacolo, diverso da come qualsiasi spettatore si sarebbe aspettato prima di entrare in sala, finisce Sarti e Storti invitano il pubblico a unirsi a loro nel ricreare il naufragio con effetti sonori e visivi, imprigionandolo in una nave che affonda nella consapevolezza , nell’indignazione e in una riflessione sul degrado umano.
Questo contenuto fa parte del Progetto scuole di Stratagemmi_prospettive teatrali