di Giorgio Scianna / regia di Veronica Cruciani
visto al Teatro Elfo Puccini di Milano _ 7-10 febbraio 2013

L’appuntamento è in una palestra con ingresso separato dalla scuola, alle ore 18. La preside ha deciso di incontrare lì, per riservatezza, tre genitori: i loro figli sono coinvolti in una vicenda di violenza sessuale. Alla fine del colloquio, la vita di tutti e quattro sarà mutata in modo irreversibile.
Potrebbe essere un cortometraggio noir lo spettacolo diretto da Veronica Cruciani e scritto da Giorgio Scianna. Al cinema rimanda il sapore realista della messinscena: sospiri, pause, silenzi, tempi morti e imbarazzi sono quelli della nostra quotidianità. E anche i volti, i toni, le parole non concedono nulla alle amplificazioni del linguaggio teatrale. Alla forma concisa del corto fa pensare invece l’improvviso degenerare degli eventi, che è efficace proprio perché breve, immediato, senza transizioni.

La regia della Cruciani cerca minimalismo ed essenzialità – quasi a voler ridurre ogni rumore di fondo, ogni possibile diversivo che distolga il pubblico dal nudo agire umano – e lascia tutto nelle mani degli attori: ed è proprio il loro contributo uno dei maggiori punti di forza dello spettacolo.
Il cast ha subìto qualche assestamento dal debutto: a Filippo Dini è subentrato Michele Sinisi e Mariagrazia Pompei ha sostituito in extremis Teresa Saponangelo. Eppure i quattro sono ben affiatati: Arianna Scommegna stupisce, come di consueto, per credibilità e intensità; Sinisi fa pensare a Eduardo per la straordinaria capacità di far emergere dal quotidiano un’impercettibile ironia (le risate del pubblico arrivano, non a caso, quasi tutte in risposta a alle sue battute); Fulvio Pepe è quello che con più sintonia e precisione aderisce allo stile realistico dello spettacolo; la Pompei (ancora comprensibilmente in rodaggio) disegna bene tra sorrisi e smorfie il personaggio più raggelante del racconto.
I loro volti parlano, ancora più crudamente di quanto faccia il testo, della banalità del male: un male dagli occhi rispettabili e familiari, che si insinua dalla porta di casa, che si dispiega per difendere lo status quo a tutti costi, che si aggrappa alla normalità con le unghie e con i denti.

Il testo – pur facendo meritoriamente emergere una delle più inquietanti zone d’ombra della nostra società – pecca forse di qualche schematicità: i tre genitori-aguzzini sono dipinti come ‘cattivi’ tout court, forse troppo perché lo spettatore sia disposto a vedere in loro una parte di sé. Eppure corriamo il rischio di essere così anche noi, tutti i giorni: quando spostiamo la linea della verità leggermente più in là per il nostro comodo, quando non siamo disposti a sacrificare la nostra normalità, quando rigettiamo d’istinto un racconto dei fatti che non possiamo accettare. Questo oscuro e ambiguo agire della nostra psiche (ben fotografato in Carnage e nel testo di Jasmine Reza, a cui fa inevitabilmente pensare questo incontro tra genitori) viene troppo presto spazzato via: quando i genitori guardano il video nel telefonino dei loro figli – e dunque hanno le prove certe della loro colpevolezza – possiamo chiamarci fuori e sentirci innocenti. Ma l’approccio un po’ manicheo del testo e qualche lungaggine di troppo nella prima parte non inficiano il meccanismo chirurgico ben orchestrato da Veronica Cruciani: un’inquietante fotografia del contemporaneo ottenuta grazie a una convincente prova d’attori.

Maddalena Giovannelli