Respirare è un atto involontario che, con la naturalezza del suo compiersi, ci tiene in vita, senza che gli si renda mai una particolare attenzione. Sulla scena però i respiri dei due danzatori sono tutt’altro che ignorati, si sentono in modo chiaro accompagnare la musica, emanare dai loro corpi a ogni movimento. Una nuova consapevolezza del respiro, della sua importanza e dei suoi rischi, nasce dai passati due anni di emergenza sanitaria e viene fatta risaltare nello spettacolo, nato in piena pandemia, firmato da Andrea Peña, Christophe Garcia, Dominique Porte, Ismaël Mouaraki.
La Question des Fleurs apre con un’atmosfera calda e intima la trentaseiesima edizione del Festival Milanoltre, ponendo come centro d’indagine il contatto, in un tentativo di recuperarne quel ruolo oscurato nei recenti anni. Gli interpreti di questo progetto, Danny Morisette e Daphnée Laurendeau, raccontano sul palco l’unione più intima, la ricerca del tocco, il desiderio drammatico del contatto con un’armonia e una complicità che è supportata dalla loro relazione anche al di fuori della scena. 

In un palco vuoto, in cui le luci soltanto delimitano gli spazi dell’azione scenica, i due corpi, uniti dalla vicinanza continua dei volti e dalla sincronia dei respiri, si schiudono in movimenti che, a partire dall’interno, dai polmoni, scendono, passando per il diaframma e arrivando alle estremità periferiche dei corpi, in un processo che sembra riflettere lo sbocciare di un fiore. Così il respiro acquista un’importanza non solo figurata ma anche fisica, vive nella scena e si rende riconoscibile nelle sue implicazioni romantiche, ma anche rendendo vitali e armonici i movimenti che fondono la corporeità dei due danzatori.
Certo la vicinanza, in stretta antitesi col periodo storico, fa da padrona nella rappresentazione, ma quello che si può cogliere sulla scena è anche un sottile senso di solitudine. Quando i danzatori si ritrovano a muoversi in autonomia l’uno dall’altro, la luce si divide in cerchi che separano gli spazi, e ognuno finisce per fare i conti da solo col proprio corpo. Questa condizione sembra mostrare la difficoltà implicita nel distanziamento fisico e sociale: le figure, anche quando separate, si ricercano l’un l’altra, si seguono col corpo e con lo sguardo, non riescono a rassegnarsi completamente alla separazione.

La performance, frutto dell’unione di quattro autori, si compone di stili diversi tra loro, ciascuno ascrivibile a un coreografo: si passa da una danza intimistica e viscerale, a una più romantica in cui si pone l’attenzione sull’interazione tra i due danzatori, attraversando momenti più frizzanti, nei quali il movimento circolare del corpo, onde e linee continue riproducono un lessico fitologico, ricreando figure di foglie agitate dal vento, alghe e piante; per giungere infine a una danza più fisica, potente, virtuosistica: una corda lega e separa i protagonisti che ricorrono al peso dei propri corpi per mettere in scena la fatica fisica, il limite estremo fino al quale la forza può spingersi.
Un fiore e un vaso, unici oggetti in scena, ricordano il periodo storico all’origine della creazione. Lo scambio di questi due oggetti tra i danzatori sembra infatti in prima battuta essere difficoltoso: prima di porgersi in modo diretto il vaso e il singolo fiore, i danzatori fanno scivolare gli oggetti sul palco, trattandoli e toccandoli come se non fosse possibile donarli da mano a mano; infine, puliscono ossessivamente, in modo quasi maniacale, l’acqua che si riversa sul palco. Il riferimento alla pandemia è lampante. L’uso dei fiori sulla scena evidenzia la difficoltà e la necessità del contatto non solo fisico ma anche simbolico. Non è un caso che l’opera si intitoli La Question des Fleurs: i fiori assumono nella rappresentazione la duplice funzione di creare una proposta scenica che appaia positiva e luminosa come un mazzo di fiori, ma anche quella di ricordare quanto, durante la pandemia, anche un semplice gesto di vicinanza come offrire un fiore fosse impossibile.
È forse questa la forza più grande di La Question des Fleurs: portare sul palco desideri negati, bisogni impossibili, respiri dimenticati e parimenti il grande risveglio di una nuova primavera. 

Caterina Nicau Castanho


foto di copertina: ufficio stampa

LA QUESTION DES FLEURS
coreografie Andrea Peña, Christophe Garcia, Dominique Porte, Ismaël Mouaraki
assistente alla coreografia per Christophe Garcia Marie-Eve Carrière
performers Daphnée Laurendeau e Danny Morissette
musica Laurier Rajotte
disegno luci e direzione tecnica Roxanne Bédard
immagini foto e video Bobby León
amministrazione Lydie Revez
distribuzione Mickaël Spinnhirny
comunicazione Camille Kersebet e Ariane Laget
un progetto di Agence Mickaël Spinnhirny, in co-produzione con Andrea Peña & Artists, Destins Croisés, la [parenthèse]/Christophe Garcia e Système D/Dominique Porte
ringraziamenti Conseil des arts du Canada, Emploi-Québec et le Conseil des arts de Montréal. Francine Bernier per i suggerimenti. Artisti e tecnici di questo lavoro collettivo. Ai diffusori per la fiducia riposta. A l’Agora de la danse, Maison de la Culture Notre-Dame-de-Grâce, SPEC du Haut-Richelieu, Salle Pauline-Julien per le residenze tecniche.


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview