Lei è Gesù
di e con Roberto Scappin e Paola Vannoni / Quotidiana.com
regia di Roberto Scappin

La Bibbia, un numero di “Vogue”, e una bottiglia di acqua di Lourdes. Partono leggeri i Quotidiana.com per il loro viaggio sulle vie del sacro: un percorso ateo e scettico, che si infila nelle pieghe del dogma chiedendo ‘perché?’ senza accontentarsi di risposte preconfezionate. Lo stile è quello a cui il gruppo ci ha abituati in questi anni, nel rifiuto ostentato di ogni idea di rappresentazione. Niente storia, niente personaggi, niente intonazioni, niente sovrastrutture scenografiche: solo due esseri umani che parlano a mezza voce, scambiandosi idee in modo non consequenziale come accade a luce spenta prima di dormire. Ma il dialogo – ci hanno insegnato i Greci – è la forma filosofica per eccellenza, nel suo proporre punti di vista opposti in forma dialettica: così lo spiazzamento di senso diventa una peculiare forma di comicità teoretica, e arriva a formare un linguaggio teatrale con pochi paralleli nel panorama italiano. Lei è Gesù, terzo capitolo di Tutto è bene quel che finisce, segna una tappa significativa nel percorso del gruppo: il tema si circoscrive e l’asticella si alza, mentre la dimensione quotidiana (nomen omen!) che aveva caratterizzato la Trilogia dell’esistente resta sullo sfondo.

Sotto la lente del processo comico-gnostico della compagnia approdano qui il ruolo della donna, la capacità di persuasione delle masse e le potenzialità rivoluzionarie di un messaggio di uguaglianza. Ma cosa accadrebbe se il Messia fosse una donna? Come muterebbero gli insegnamenti e i discorsi? E la nostra società (quella di allora ma anche quella di oggi) sarebbe pronta ad ascoltare una voce femminile? Prende forma così, tra seri scherzi e fedeli blasfemie, la paradossale religione al femminile di Gesù-ina, con tanto di comandamenti e inni alla necessità di uno spirito critico. La drammaturgia punge il pubblico con stranianti nonsense e improvvise folgorazioni, ma l’andamento privo di scarti di ritmo e il procedimento per accumulo finiscono per creare cali di tensione (soprattutto nella parte centrale) e un certo senso di stasi. Varrebbe la pena, nelle prossime tappe del lavoro, cercare piccole esche per riagganciare l’attenzione del pubblico: in questa direzione sembra andare, per esempio, l’interessante partitura di movimento astratta e metafisica eseguita in parallelo dai due autori. Una soluzione che non tradisce la scelta radicalmente anti-mimetica del gruppo, ma che suggerisce un interessante terreno di indagine per il futuro.

Maddalena Giovannelli