24 febbraio-3 marzo
1. Per la ragione degli altri di Michele Di Giacomo al Teatro Filodrammatici
Diciamocelo: chi non è rimasto destabilizzato da un’affermazione ambigua come “Per me, io sono colei che mi si crede”? E, ancora, chi non è stato inquietato dall’oscuro destino di quei poveri “personaggi in cerca d’autore”? È normale, sono gli effetti del grande teatro pirandelliano. Michele Di Giacomo ha scelto, invece, di recuperare e di riscrivere, insieme a Riccardo Spagnulo, una delle prime opere teatrali di Pirandello, lontana dagli esiti più maturi e sperimentali, ma comunque in grado di andare a fondo di questioni cruciali: che cos’è una famiglia? Che prezzo siamo disposti a pagare per difenderla? In un dramma che Antonio Gramsci ha definito “atroce e scheletrico”, sullo sfondo del chiacchiericcio della provincia si scontrano le norme della società borghese e le leggi primordiali della vita e dell’amore: un dibattito ancora attuale, rivisto dagli occhi di due figure importanti della nuova generazione teatrale.
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2. Assocerò sempre la tua faccia alle cose che esplodono di Vittorio Borsari al Teatro Libero
Il titolo un po’ sibillino, ma certamente suggestivo, del nuovo testo firmato da Emanuele Aldrovandi, nasconde uno dei temi d’attualità più significativi degli ultimi anni per i cittadini europei e soprattutto italiani: l’integrazione. Lo spettacolo di Vittorio Borsari (Chronos3) racconta questo difficile processo, sempre più spesso al centro della nostra cronaca – e osservato con crescente miopia dagli italiani – dai diversi punti di vista di chi cerca di integrarsi e di chi si dà da fare per integrare. Parallelamente viene trattato il fenomeno inquietante e oscuro – ma al tempo stesso essenzialmente spettacolare – del terrorismo di matrice islamica, restituito seguendo il modello di Terrore e miseria nel terzo Reich di Brecht. Insomma, questioni importanti e anche molto studiate, ma l’arte spesso è in grado, con i suoi strumenti, di proporre riflessioni inedite e offrire nuove prospettive.
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3. La scuola delle mogli di Arturo Cirillo al Teatro Elfo Puccini
Lo sanno tutti: l’aspettativa di vita negli ultimi tempi si è allungata. E infatti da martedì all’Elfo Puccini andrà in scena un drammaturgo francese di quasi 400 anni. Ma, a parte i bons mots, non è nulla di sorprendente, perché le commedie di Molière – vuoi per l’ambiguità, vuoi per la feroce critica sociale, vuoi per la problematicità morale – continuano a essere di una sconvolgente modernità. Tutto ciò vale anche per La scuola delle mogli, forse prima opera della maturità del commediografo, che suscitò grande scandalo nel 1662 e che Arturo Cirillo riporta in scena in tutta la sua complessità e arricchendola di riferimenti al teatro e al cinema più recenti. Pochi personaggi “caricaturali” bastano per comunicare la visione profondamente disillusa di un genere umano misero e aggressivo. E tutto lascia pensare che l’unica alternativa sia di seguire il cuore e la natura, che danno “maggiore felicità che non le regole sociali”.
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Andrea Maletto