6-12 maggio 2019_Milano
1. The Repetition, Histoire(s) du théâtre (I) di Milo Rau al Piccolo Teatro Strehler
Non è una novità: all’origine del teatro sta la tragedia e la sua catarsi. L’innesco può essere un banale delitto, senza premeditazione, un Edipo che uccide il padre perché non lo riconosce e non vuole cambiare strada. Altrettanto banale è il crimine consumato in una notte belga dell’aprile 2012: Ihsane Jarfi è trovato senza vita a Liegi, ucciso dagli stessi ragazzi che due settimane prima aveva incontrato davanti a un locale gay. Milo Rau, drammaturgo e regista svizzero tra i più acclamati della scena europea contemporanea, lavora con attori professionisti e non, per svelare, nella ricostruzione di un fatto di cronaca, le radici profonde del teatro, l’arte più antica, interrogandosi ancora una volta su cosa sia lecito portare in scena, quanta violenza sia lecito mostrare, e quale il suo significato per il teatro. Con la sua estetica “nuovamente-realista”, The Repetition si apre sui provini degli attori per lo spettacolo, per poi farci adagiare gradualmente nei panni dei ragazzi, ormai assassini, e scaraventarci infine con la vittima sull’asfalto bagnato di una strada statale. Perché l’obiettivo di Milo Rau è quello di costruire sul palco una nuova realtà, fare della scena una chiave di accesso per la verità, attraverso l’imitazione, la ripetizione di crimini reali, e tornare così all’origine del teatro: la passione e il coinvolgimento dello spettatore, che si purificano nel tragico.
#nuovadrammaturgia #regiadautore #cronaca
2. Uncanny Valley di Rimini Protokoll alla Triennale Teatro dell’Arte
Sul palco non c’è nessun attore. La figura seduta in poltrona è un fascio di fili elettrici, un robot di plastica e metallo. Ma ti guarda negli occhi mentre ti parla, sbatte le palpebre, ogni tanto annuisce, ha la pelle morbida come un essere umano. Gli studiosi dicono che la sensazione di familiarità che si prova nei confronti di un automa aumenta con l’aumentare della sua somiglianza con l’uomo. Tuttavia, c’è un punto – la “uncanny valley”, la valle perturbante – in cui l’eccessivo realismo cessa di piacere e porta inquietudine e un senso d’alienazione. Dove finisce la macchina? Dove comincia l’uomo? Il “Rimini Protokoll” Stefan Kaegi lavora per la prima volta con il drammaturgo Thomas Melle. Anche questa volta però il collettivo teutonico non rinuncia alla costante ricerca di prospettive inusuali che attraverso il teatro illuminino sulla realtà: Melle viene portato sulla scena attraverso un suo doppio animatronico! Così, mentre ci avviciniamo sempre più a un’epoca di vasta diffusione della robotica, Uncanny valley ci immerge in una realtà in cui nulla è autentico, tutto è copia, e gli attori non servono, perché il vero protagonista, turbato, affascinato, spaventato, è lo spettatore.
#sguardisulpresente #nuovilinguaggi #primaitaliana
3. Settimo cielo di Giorgina Pi al Teatro Elfo Puccini
Dalla polvere dell’Africa coloniale di fine Ottocento alla Londra di fine anni settanta: sono queste alcune delle coordinate temporali attraverso cui si snodano le vicende di una famiglia inglese piuttosto allargata, composta da parenti e amici, figli, coniugi e amanti. Quella che ci viene raccontata, fin dalle radici, è una storia di lotta: soggettività umane escluse, represse, che tentano un processo di liberazione dalle proprie gabbie identitarie, attraverso i movimenti delle donne e degli omosessuali che hanno animato il secolo scorso. Giorgina Pi porta per la prima volta in Italia il testo di una delle figure chiave della drammaturgia inglese contemporanea: Caryl Churchill. Il suo teatro non è mai rassicurante, ma sempre poetico e sempre politico, capace di far riflettere su famiglia e società, norma e devianza, sul corpo e sul potere, mettendo a tema il desiderio e la necessità di ridefinizione della propria identità. Sulle note distorte di una chitarra punk, tra atmosfere luminescenti colorate al neon, Settimo cielo si snoda vorticoso e fluido, travalicando i limiti farraginosi di mascolinità e femminilità, in un impeto di rivolta che vuole portare un messaggio chiaro: essere ciò che si vuole essere, non ciò che si può.
#drammaturgiadautore #sguardisulpresente #Storiaateatro
Michele Ponti