28 ottobre – 3 novembre 2019_Milano
1. Danae Festival a Teatro Out Off, Zona K, Spazio Fattoria/Fabbrica del Vapore
È proprio nella settimana dei morti che la bella programmazione del festival organizzato da Teatro delle Moire entra nel vivo. Tre appuntamenti che esplorano, in altrettanti spazi della città, l’universo performativo concentrando la propria attenzione soprattutto sulle possibilità espressive e percettive del corpo, oggetto di indagine di questa XXIesima edizione. Si comincia con Avalanche (30 ottobre, Spazio Fattoria/Fabbrica del Vapore) dove Marco D’Agostin, fresco di premio Ubu 2018, porta in scena il suo nuovo lavoro: una “coreografia parlata” per raccontare la capacità relazionale dell’essere umano attraverso fisicità e logos. Sulla comunicazione visiva lavora invece Filippo Michelangelo Ceredi che con #Eve (2-3 novembre, Zona K) si interroga su come l’impero delle immagini condizioni il nostro modo di vedere e percepire la storia generando un “panorama tragico e traumatico del mondo”. Si conclude con la danza di gruppo nanou che approda – dopo il debutto a La MaMa ETC di New York – all’Out Off con l’ultima creazione tributo al metodo compositivo di uno dei più grandi maestri del jazz del Novecento, Miles Davis. We want Miles, in a silent way (3 novembre) è un esperimento espressivo che si muove in bilico tra coreografia, studio cromatico e musicale, e che promette un forte impatto visivo. Non resta che l’imbarazzo della scelta.
#festival #performance #nuovilinguaggi
2. Any Table Any Room di Jonathan Burrows/Matteo Fargion a Triennale Teatro dell’Arte
È dedicato a una riflessione sulla comunità Any Table Any Room, il lavoro di Jonathan Burrows e Matteo Fargion, duo che da trent’anni muove la sua ricerca artistica tra i territori della danza, della performance e della musica contemporanea (Fargion è infatti compositore). Si può parlare dunque di comunità o siamo solo atomi in movimento in uno spazio? Quali sono i meccanismi regolano il nostro entrare in relazione gli uni con gli altri? A rispondere a queste domande sono, di volta in volta, artisti locali che partecipano alla performance dopo pochi giorni di prove. Ad accompagnarli sulla scena 36 oggetti d’argilla, utensili e piccoli oggetti decorativi, creati dagli stessi performer. Curiosando sul sito di Jonathan Burrows si può trovare una carrellata dei manufatti prodotti nelle diverse repliche, che, come reperti archeologici, sembrano riflettere nelle loro fattezze la specificità di ogni singola comunità.
#performance #experimental #comunità
3. Ritorno a Reims di Thomas Ostermeier al Piccolo Teatro Strehler
All’indomani della sconfitta in Umbria – roccaforte della sinistra negli ultimi cinquant’anni –della coalizione formata da Pd e Movimento 5 stelle in favore della destra Salvinicentrica, non si può non guardare a un lavoro come Ritorno a Reims con rinnovata curiosità, sebbene il debutto risalga ormai a qualche settimana fa (qui la nostra recensione). Non solo perché nell’edizione italiana del “progetto transnazionale” firmato da Thomas Ostermeier si chiama in causa direttamente la politica nazionale degli ultimi tempi, ma perché già nel libro del sociologo e filosofo francese Didier Eribon – da cui lo spettacolo è tratto – c’è tutta la problematicità di uno dei nodi fondamentali della nostra società: la tendenza da parte delle classi sociali popolari, specialmente se allocate nella provincia, a identificarsi con i movimenti di estrema destra con tutte le implicazioni demagogiche, omofobe e razziste del caso. Ritorno a Reims è un tornare alle proprie terre, alle proprie origini e trovarle irrimediabilmente (?) cambiate: un’elaborazione del lutto che può e deve trasformarsi in un invito a una presa di coscienza, per fare il punto e ripartire, per guardare al futuro con un po’ di speranza.
#sguardisulpresente #regiadautore #teatropolitico
Corrado Rovida e Camilla Lietti