6-12 giugno 2016_Milano
1. Black milk di Alvis Hermanis al Crt Teatro dell’Arte
I suoi lavori sono visceralmente attraversati dalla storia teatrale sovietica e, al contempo, parlano la lingua brechtiana. Al Crt di Milano è atteso con grande fervore l’arrivo di Alvis Hermanis, il regista lettone che, con la sua estetica iperrealista e una continua ricerca antropologica, si è segnalato tra le personalità di maggiore spicco della scena baltica. Questa volta è alle prese con Black milk, uno spettacolo che indaga l’identità più autentica del popolo lettone. Quella rintracciata ed esplorata nella vita rurale, in mezzo agli animali, in comunione in modo particolare con le mucche (in un’identificazione intima tra mamma e animale). I riflettori, lontano dalla dimensione urbana, sono rivolti alla vita del passato.
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2. Monologhi dell’atomica di Elena Arvigo al Teatro Out Off
9 agosto 1945 e 26 aprile 1986. Due date distanti quarant’anni, che parlano però di un nemico comune: la morte nucleare. A rievocare queste tragiche pagine della storia contemporanea è l’attrice e regista Elena Arvigo che torna all’Out Off con un omaggio a due grandi voci femminili: all’origine dello spettacolo sono i diari di Chernobyl di Svetlana Aleksievich e la testimonianza di Kyoko Hayashi sopravvissuta a Nagasaki. Ancora una volta nel lavoro dell’Arvigo testimone scomoda e privilegiata è la figura femminile che documenta le reazioni più estreme dell’essere umano di fronte alla guerra, alla criminalità e alla malattia. Scrive la regista: “Hayashi vive da 70 anni con quello che chiama un ‘nemico interno’, la radioattività nascosta nel suo corpo, indelebile come una stimmate – la sua è quasi la testimonianza del rapporto tra il corpo umano e il nucleare. È il racconto in presa diretta, attraverso i personaggi femminili, di quello che accadde a Nagasaki, ma anche di cosa significa vivere da sopravvissuti al disastro”. L’intento non è parlare della ‘grande storia’ ma dar voce all’animo umano di fronte a ciò che è ignoto e indicibile.
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Nell’anno del 400° anniversario dalla morte di Shakespeare, il Teatro Sala Fontana rende omaggio al drammaturgo inglese con un ciclo di rappresentazioni delle sue opere più celebri. Tra queste non manca all’appello Il mercante di Venezia, riproposto però in una chiave inedita rispetto alle letture più tradizionali. Nella produzione firmata Elsinor Venezia è, per esempio, quanto di più lontano da uno scenario lussuoso e fatato, ma diviene piuttosto un luogo stagnante e malato che compromette la salute psichica dei suoi abitanti. L’immoralità di Shylock, assunta aprioristicamente per consuetudine, in questa messa in scena viene inoltre messa profondamente in discussione. In una Venezia corrotta alle radici ed epicentro di un vero terremoto morale, l’ebreo è uguale a tutti gli altri e massimo è il cortocircuito tra ordine e vendetta.
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a cura di Alessandra Cioccarelli