5 dicembre-11 dicembre 2016_ Milano
1. La beatitudine di Fibre Parallele al Teatro Franco Parenti
Due storie, quattro corpi logorati dalle dolorose sconfitte delle relazioni familiari e della realtà quotidiana. Ma all’uomo è sempre offerta una strabiliante formula della felicità: ci si può dondolare nella beatitudine di certe ossessioni, e amare un manichino come se fosse un bambino. A tessere le trame e attirare i personaggi nel cerchio delle loro fantasie, è Cosma Damiano, deus ex machina tra le due coppie che tentano di risolvere le loro infelicità. Fibre Parallele ci ricordano che il teatro è una trappola, una finzione che incanta lo spettatore nel sollievo di un’ora di spettacolo. La compagnia barese, forte del premio Hystrio 2011 e ormai salda nel panorama nazionale, giunge a maturazione, e dai dubbi con cui smaschera la tradizione sa ricavare certezze: “I beati siamo noi che attraverso il teatro possiamo rompere le nostre difese e capire le nostre sconfitte, impastarle e ricacciarle fuori, domate”.
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Letteralmente: “giriamo in tondo nella notte e siamo consumati dal fuoco”. Il titolo dello spettacolo è un palindromo latino in cui forma e significato si rincorrono l’un l’altro in una meravigliosa prigione semantica. Allo stesso modo linguaggio e contenuto della performance si compenetrano, diventando una sola cosa: la ricerca del senso di un’esistenza che non potrà trovare risposte, un’ossessiva ripetitività di gesti e quadri, ordini fuori campo che determinano l’azione scenica. Coreografia, luci e costumi, tutti ideati dal Premio Ubu Roberto Castello, creano un universo ipnotico in cui danza, teatro e suggestioni cinematografiche si fondono, trascinando pubblico e interpreti in un’esperienza condivisa, densa e straniante.
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Il messicano Gabino Rodriguez porta a Milano (in data unica) il primo lavoro di un progetto che vedrà la sua compagnia, Lagartijas tiradas al sol, impegnata in ben 32 esperimenti di teatro documentario. Ma, se il genere (dalla Presa di Mileto di Frinico all’Istruttoria di Peter Weiss) consiste nel riflettere e problematizzare la realtà politica elaborandola sulla scena, Rodriguez mescola le carte in tavola: l’indagine sulla società contemporanea prende le mosse da una finzione e approda a teatro in una descrizione fedele e rigorosamente reale. Gabino Rodriguez, 32 anni, ha abbandonato la sua identità, assunto un nuovo nome, e ha vissuto a Tijuana per cinque mesi come operaio al salario minimo. In scena vengono proiettati estratti dal suo diario e immagini raccolte nel corso di quest’esperienza: emergono le contraddizioni della democrazia, le ferite inflitte al suo paese, le diseguaglianze sociali e gli stenti di una vita a cui la possibilità di evasione è negata.
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A cura di Nicola Fogazzi