22-29 gennaio 2017

1. Migliore di Mattia Torre al Teatro Franco Parenti
2. Afghanistan: il grande gioco di Elio De Capitani e Ferdinando Bruni al Teatro Elfo Puccini
3. Amleto + Die Fortinbrasmachine di Roberto Latini al Teatro Litta

1. Migliore di Mattia Torre al Teatro Franco Parenti

Una commedia amara quella che l’esperta drammaturgia di Mattia Torre, noto al vasto pubblico per aver firmato la fortunata serie tv Boris, cuce su Valerio Mastandrea, creatura altrettanto anfibia fra teatro, cinema e televisione e altrettanto acclamata. Un monologo serrato che vede la parabola di un uomo qualsiasi, insicuro e roso dai sensi di colpa, affermare gradualmente la propria personalità con spavalda prevaricazione e disprezzo per gli altri. L’ironia dell’interprete gela la risata dello spettatore, chiamato a condividere l’esaltazione per il prestigio sociale, la venerazione dei deboli che il sempre più solido e sempre più spregiudicato Alfredo raccoglie nella sua ascesa al successo. Che cosa vuol dire “migliore”? Qual è il prezzo dell’affermazione di sé? La risposta giace in un’acuta riflessione sulla società attuale.

Mastrandrea

#provadattore #regiadautore #monologo

2. Afghanistan: il grande gioco di Elio De Capitani e Ferdinando Bruni al Teatro Elfo Puccini

Nel 2009 il Trycicle Theater di Londra, “la più grande officina di teatro politico inglese”, commissionava a 13 drammaturghi altrettanti episodi sulla storia afghana. L’obiettivo? Dare al pubblico anglo-sassone l’opportunità di conoscere un mondo lontano le cui sorti, irrimediabilmente intrecciate all’occidente, restano oscure ai più. Il risultato fu uno strepitoso successo internazionale che portò lo spettacolo persino al Pentagono (che si dichiarò grato di capire certi errori commessi). Il Teatro Elfo Puccini si fa oggi promotore in Italia di quest’ impresa (qui la nostra recensione), riproponendo l’epopea di un Paese in cui il nostro intervento militare non dovrebbe restare inspiegato. In questa prima puntata i due registi animano i primi cinque testi del progetto (l’ordine è cronologico: dal colonialismo britannico all’avvento dei Talebani negli anni ‘90) in altrettanti episodi di mezz’ora in grado di dialogare con i toni e i linguaggi diversi di una drammaturgia tanto eterogenea (drammaturghi, sceneggiatori per la BBC e per il cinema), perché anche in Italia il connubio genuinamente anglosassone storia-teatro possa dare i suoi frutti.

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#regiadautore #testodautore #sguardisulpresente

3. Amleto + Die Fortinbrasmachine di Roberto Latini al Teatro Litta

Cinque atti scandiscono l’Amleto di Shakespeare, cinque capitoli la riscrittura che negli anni Settanta ne fece Heiner Müller in Die Hamletmachine: cinque sono anche le sezioni dello spettacolo di Roberto Latini, una performance che si presenta come la riscrittura di una riscrittura. Dialogando liberamente con i due modelli costantemente richiamati e traditi, Latini (affezionato rivisitatore di Shakespeare) sceglie il punto di vista di Fortebraccio, che giungendo da ultimo sulla scena del dramma si interroga sulla morte del protagonista, in una sorta di riflessione postuma su un teatro già vissuto e già esaurito (non a caso Fortebraccio Teatro è il nome della compagnia con la quale l’artista ha vinto, fra gli altri, il Premio Ubu, il Premio Sipario e il Premio della Critica). Solo in scena, l’attore, autore e regista, affida i frantumi della narrazione alla sua voce amplificata dai microfoni, muovendosi fra scenografie simboliche (cerchi, croci, tarocchi) nel vortice di una cultura visionaria e bulimica: dal teatro kabuki alla dichiarazione dei diritti umani da Eduardo De Filippo a Marylin Monroe e Blade Runner.

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#classicocontemporanei #nuovilinguaggi #performance

a cura di Nicola Fogazzi