22-28 gennaio 2018_Milano

1. Freud o l’interpretazione dei sogni di Federico Tiezzi al Piccolo Teatro Strehler

Può uno dei testi imprescindibili del Novecento, la “Bibbia della nostra contemporaneità”, prendere vita sul palco? È possibile tradurre l’opera più nota dello psicoanalista austriaco in uno spettacolo teatrale? Questa la sfida di Stefano Massini, che, con la regia di Federico Tiezzi, porta sulla scena L’interpretazione dei sogni, il lavoro di Freud che ha rivoluzionato il secolo scorso. Inoltrandosi in un labirinto fatto di transfert, regressioni e simboli, il sipario si apre su un’atmosfera onirica, in cui realtà e interiorità si confondono. Pazienti diversi, con i loro sogni apparentemente indecifrabili e deliranti, si affacciano nello studio del medico viennese. Personaggi ma anche enigmi, casi polizieschi da risolvere. I pazienti però non sono solo quelli che si alternano sul palco: il paziente è Freud stesso, che, elaborando un metodo di interpretazione, arriva a indagare la propria psiche. E il paziente, infine, è anche il pubblico, invitato a teatro come a un’imprevedibile seduta di terapia.

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2. Isabel Green di Serena Sinigaglia al Teatro Elfo Puccini

Il palco della Sala Bausch dell’Elfo Puccini questa settimana si trasforma in quello del Dolby Theatre, pronto ad accogliere la celebre cerimonia degli Oscar. A ritirare l’atteso e meritato premio l’attrice hollywoodiana Isabel Green – interpretata da Maria Pilar Pérez Aspa – decisa a pronunciare un discorso totalmente inaspettato. Prende così avvio, in un assolo scenico, il tragicomico monologo della vincitrice, che con la scusa dei ringraziamenti ripensa alla propria vita, mettendo in discussione il suo intero percorso. Prendendo le mosse dal piccolo libro del filosofo coreano Byung-Chul Han, La società della stanchezza, Serena Sinigaglia riflette sul paradosso delle nostre esistenze, che si affannano dietro un’unica parola d’ordine: produttività! “Parlare di questo tilt epocale” è l’obiettivo dichiarato dalla regista, sempre senza rinunciare, però, a un’indispensabile dose di leggerezza e ironia.

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3. Lunga giornata verso la notte di Arturo Cirillo al Teatro Menotti

Con il capolavoro teatrale firmato dal premio Pulitzer Eugene O’Neill si conclude la trilogia americana affrontata dal regista Arturo Cirillo, che torna a cimentarsi nella drammaturgia statunitense dopo Zoo di vetro di Tennessee Williams e Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Albee. La storia al centro di Lunga giornata verso la notte è quella di una disfunzionale famiglia del Connecticut, attraversata dal conflitto e dal senso di colpa: una famiglia che si nutre di fumo, alcol e rancori. Ed è proprio in seno alla famiglia che il sogno americano – in questo caso il sogno del teatro – germoglia e si distrugge spietatamente. Attori e personaggi si confondono: ognuno si sdoppia, sul palco, oscillando tra ciò che è e ciò che vorrebbe essere. I fallimenti di un padre si riflettono nelle frustrazioni di un figlio, le dipendenze di una madre nella malattia dell’altro. Nella doppia veste di attore e regista, Cirillo si addentra nel buio della disperazione tratteggiata da O’Neill, portando alla luce una spirale di verità e menzogna lunga un’intera notte.

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A cura di Sara Monfrini