2-8 aprile 2018_Milano

1. The year of cancer di Luk Perceval al Piccolo Teatro Strehler

A dieci anni esatti dalla morte di Hugo Claus, tra i più importanti autori di aria fiamminga del Novecento, arriva a Milano The year of cancer con la regia di Luk Perceval. Scritto nel 1972, racconta un amore estremamente contemporaneo. Un amore liquido, fluttuante, precario. Cosa può tenere unita una coppia quando finisce l’incanto iniziale? Si può essere uniti dal dolore senza cercare mai la guarigione? Perché non si riesce a chiudere una storia nonostante si sia logorati dall’incomunicabilità e dalla mancanza di intimità? The year of cancer mette in scena tutta la banalità di una storia in cui i due protagonisti si aggrappano l’uno all’altro per illusione o mancanza di coraggio. Come due moderni Paolo e Francesca, i due amanti sono condannati ad un’incessante bufera che li trascina e li tormenta. Ma il loro peccato non è la lussuria che “sottomette la ragione al piacere. Anzi, forse la loro colpa è proprio un eccesso di ragione che disinnesca il piacere stesso della relazione. Con esiti tragicomici e assurdi, il testo di Claus ci pone di fronte a tutta la frantumazione dei nostri tempi e alla nostra graduale perdita dell’istinto.

#regiadautore #provadattore #international

2. Amleto + Die fortinbrasmaschine di Roberto Latini all’Elfo Puccini

Reduce dalla lunga tenuta del suo Il teatro comico (per più di un mese al Piccolo Teatro Grassi), Roberto Latini non sembra voler abbandonare le luci della ribalta e si sposta all’Elfo Puccini per tornare al suo fortunato Amleto mediato dalla penna affilatissima di Heiner Müller. Amleto + Die fortinbrasmaschine è riscrittura nella riscrittura che attraversa secoli di storia del teatro e dell’umanità. Se già Müller nel 1977 si era liberamente ispirato al testo originario per il suo dramma postmoderno Die Hamletmaschine (La macchina di Amleto), oggi Roberto Latini e Barbara Weigel partono – altrettanto liberamente – dal lavoro del drammaturgo tedesco per rielaborare la tragedia shakespeariana con uno sguardo contemporaneo “a caccia all’inquietudine nel fondo profondo del nostro centro”. Ciò che rimane in questi passaggi di mano è l’osso dell’opera: la messa in scena esasperata, visionaria, amplificata di Latini fa evaporare l’alone mitico della storia delle storie e la immerge nel caos contemporaneo. Fondamentale il progetto musicale e sonoro di Gianluca Misiti, vincitore anch’egli, come Latini stesso, del Premio Ubu 2017 come “miglior progetto sonoro o musiche originali per il Cantico dei Cantici.

#PremiUbu #classicicontemporanei #nuovadrammaturgia

3. Pulcinella Quartet della Compagnia Virgilio Sieni al Teatro della Triennale

Sappiamo che per i latini il termine “persona” indicava la maschera indossata dagli attori per coprire il proprio volto e amplificare la voce (per sonar). Dalla maschera si è passati al personaggio e dal personaggio si è arrivati alla persona come la intendiamo noi, uscendo così dalla scena ed entrando nella vita reale. Virgilio Sieni, punto di riferimento da oltre trent’anni nel mondo della danza contemporanea, affronta con il suo ultimo studio proprio la maschera di Pulcinella per descrivere le contraddizioni ataviche dell’essere persona. Quattro danzatori, con la musica dal vivo di Michele Rabbia, interpretano la dicotomia tra tragedia e comicità della maschera simbolo della tradizione partenopea. Il corpo diventa strumento grave e leggero per descrivere la trappola a cui la maschera costringe Pulcinella e noi tutti: la paura di non essere all’altezza delle aspettative, di deludere il pubblico in scena e nella vita, l’effimera protezione del mostrare altro da sé. Sieni, attraverso la narrazione dei corpi, ci accompagna in un viaggio verso le nostre radici popolari e antropologiche.

#danza #nuovilinguaggi #mascherapopolare

Michaela Molinari