4-11 giugno 2018 _ Milano
1. Sacrificio di primavera di She She Pop al Teatro Franco Parenti
Quando il 29 maggio 1913 Stravinskij presentò al Theatre des Champs Elysees La sagra della Primavera, il pubblico diviso si scatenò in una rissa che passò alla storia. Il collettivo berlinese She She Pop, attivo dal 1993, ripropone una rivisitazione del contestatissimo balletto attraverso uno studio condiviso: superando la separazione tra attore e regista, ogni performer mette in scena la propria esperienza, a cominciare da un personalissimo elemento di realtà biografica. A calcare la scena sono infatti anche le vere madri delle performer, testimoni essenziali per indagare insieme alle figlie la concezione contemporanea del sacrificio femminile. Se Stravinskij infatti lo celebrava come rito folklorico fondamentale per la ciclica rinascita primaverile, oggi le She She Pop si domandano se l’immolazione della donna sia ancora necessaria o se, invece, non vada a compromettere il rapporto tra madre e figlio.
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2. Sogno di una notte di mezza estate di Filippo Renda al Teatro Fontana
Dopo Il mercante di Venezia, Filippo Renda torna a confrontarsi con Shakespeare mettendo in scena un altro dei classici più rivisitati del teatro del Bardo. Lo fa, naturalmente, a suo modo, scegliendo un’ambientazione inedita come la Londra degli anni settanta: un’epoca di contestazione, in cui i figli si ribellarono alla cultura genitoriale prendendone le distanze. E così fanno anche i quattro giovani protagonisti del Sogno, che si rifugiano in una realtà selvatica e disinibita, fatta di glam e di punk, per sfuggire all’ordine dell’autorità patriarcale. Ma come è accaduto in parte ai ragazzi degli anni della contestazione, anche qui i giovani finiscono per sprecare la libertà conquistata disperdendola in dinamiche relazionali corrosive. Renda restituisce una nuova sfumatura di umanità ai personaggi della mitologia greca già mediati dalla inarrivabile rilettura di Shakespeare, ricollocandoli sotto l’egida di un ancestrale scontro generazionale.
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3. Il preferito di Dario Merlini al Teatro Libero
Due soli attori in scena si dividono in una pluralità di personaggi per raccontare un altro topos della drammaturgia umana: la guerra fratricida. In questo spettacolo – prodotto dagli ormai acclamatissimi Óyes – si racconta infatti lo scontro di due uomini, uniti dal sangue ma divisi per indole, due fratelli che si contendono l’amore di un padre malato e corrotto e quello per una donna. Nelle note di regia, Dario Merlini ci invita a leggere questa contemporanea Adelchi come metafora della società italiana dei nostri giorni, in cui la corruzione patriarcale soffoca sul nascere le nuove generazioni e lo spettro della “Famiglia” ci impedisce di determinare la nostra individualità, frammentandola in una pluralità di attese e aspettative.
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Michaela Molinari