Agosto: il proverbiale traffico delle strade romane si decongestiona, ma il caldo rallenta l’andatura di chi prova a compiere anche brevi spostamenti. Le maschere che accolgono gli spettatori al Teatro India offrono ventagli che fanno temere (a torto) l’assenza dell’aria condizionata. Il pubblico, accomodatosi in poltrona, presto si ritrova di fronte a un sole che per fortuna non arde come quello tramontato poche ore prima: è una sfera rossa, proiettata su sfondo nero, che sovrasta le balle di fieno disseminate sul palcoscenico. La suggestiva istantanea di Klara e il sole, spettacolo che ha debuttato a IF / Invasioni (dal) Futuro, sembra quasi sfidare il sottotitolo Dark Ages, che accompagna le ultime due edizioni del grande dispositivo multimediale con cui la compagnia lacasadargilla (Lisa Ferlazzo Natoli, Alessandro Ferroni, Alice Palazzi e Maddalena Parise) mescola i linguaggi e riflette intorno agli interrogativi sollevati dalla fantascienza. L’appuntamento, che per sette giorni anima l’estate romana, è l’approdo naturale di un percorso in cui una passione di famiglia si è intrecciata a visioni artistiche condivise: all’origine sta la figura di Silvana Natoli – madre di Lisa e co-fondatrice, insieme al marito Lisi, del teatro Spazio Zero di Testaccio – che ha saputo trasmettere la sua predilezione e profonda conoscenza del genere fantascientifico, agendo come un’incubatrice per una vocazione che, nel corso del tempo, si è concretizzata in un progetto dai contorni sempre più definiti.
Nato nel 2014 e giunto ormai all’undicesima edizione, IF ha plasmato la sua “cittadella stellare” prima negli spazi archeologici dell’Auditorium di Mecenate, poi in zone disseminate per la capitale, infine – dal 2019 – al Teatro India. Insieme ai luoghi, in questi anni, sono mutate anche le rotte percorse: il biennio 2023-2024 incanala lo sguardo verso orizzonti più vicini al reale, contaminando la fantascienza classica con la distopia e la narrativa dell’orrore per ragionare su un presente sempre più inquietante e, al contempo, stimolare un’assunzione di responsabilità di fronte agli errori commessi.
Nell’epoca dei rigurgiti nazionalisti, degli irrigidimenti dei sistemi democratici e della crisi climatica, è ancora possibile confrontarsi con l’altro, con l’alieno in senso lato, scalfendo l’individualismo e il ripiegamento della società su sé stessa? Sgombrato il campo da una facile laudatio temporis acti e da un’angosciante rassegnazione à la Black Mirror, lacasadargilla fa trapelare una personale forma di resistenza da immaginare insieme al pubblico.
«La speranza, mai che ti lasci in pace, la maledetta», si direbbe con una battuta di Klara e il sole. Lavorando sul romanzo del Premio Nobel per la letteratura Kazuo Ishiguro, la compagnia romana accoglie un rovesciamento di prospettiva rispetto all’attuale dibattito sulla pervasività della tecnologia: non causa di degenerazione o di sgretolamento dei rapporti umani, ma strumento a supporto delle fragilità. La storia di Klara, infatti, è quella di un androide progettato per essere un’AA, un’amica artificiale, in un mondo in cui gli adolescenti, pur dotati di funzioni intellettive potenziate, hanno bisogno di un affiancamento costante per esercitarsi a interagire con gli altri. Proprio sul nucleo relazionale si concentra la messa in scena de lacasadargilla, che segue due direttrici complementari: da una parte, l’adattamento curato da Roberto Scarpetti, nonostante l’aderenza al testo di partenza, opera tagli chirurgici in grado di scolpire l’ossatura della trama, dall’altra, l’impostazione dello spettacolo come melologo sci-fi permette di costruire una stratificazione che riflette l’interdipendenza fra i personaggi. La regia di Ferlazzo Natoli e Ferroni, infatti, pone in dialogo le parole e le narrazioni degli attori con la struttura musicale e visiva, fondendole in unico organismo, da cui, attraverso una punteggiatura di indizi, si compone via via un quadro di grumi emotivi: gli esseri umani non riescono a gestire la sfera sentimentale, i rapporti tra genitori e figli rivelano un’insanabile incomunicabilità e l’unico arco affettivo è descritto, paradossalmente, da un androide. Eccoci, allora, a sentire risuonare garbugli interiori e frizioni fra anime: similmente a Klara, che sviluppa un’intelligenza empatica grazie all’osservazione, anche noi siamo indotti a scandagliare la nostra intimità di riflesso all’operazione teatrale, che agisce come una messa a fuoco ancora più nitida di quella sollecitata dal solo apparato testuale. Ci si può sintonizzare con l’intensità percettiva di Klara, vettore relazionale con la vita e con la natura? Si può assorbire la sua ingenuità bambina, da cui deriva la convinzione di poter scendere a patti persino con il sole? Parte di questo sentimento di appartenenza cosmico sembra avvolgere la sala al momento degli applausi, quando tra gli inchini del cast fa capolino Danton: è uno dei cani di Ferlazzo Natoli e Ferroni che, dal fondo del palcoscenico, dov’è rimasto accucciato nell’ombra per tutta la durata dello spettacolo, scende in platea a conquistarsi le carezze degli spettatori.
La scena si ripeterà anche in coda a Consigli per sopravvivere in natura, il secondo melologo in programma, in cui il filo rosso del rapporto con l’ambiente e gli altri esseri viventi cuce quattro racconti di grandi madri della fantascienza: Lo psicologo che non voleva far male ai topini di Alice Bradley Sheldon, Più vasto degli imperi e più lento di Ursula K. Le Guin, Figlio di sangue di Octavia Butler e Palla di pelo di Margaret Atwood. Dall’umanizzazione delle cavie da laboratorio alle reazioni difensivo-aggressive scaturite da un eccesso di empatia, dai patti d’amore interspecie alla contraddittoria ossessione per una cisti ovarica: l’apparente frammentazione narrativa trova uniformità nell’accompagnamento musicale e nel corpo degli attori, tutti sempre visibili – anche quando non recitano in proscenio – grazie a cinque membrane semitrasparenti che dividono il palco. Ne risulta un coerente flusso di indagine e riflessione sulla relazione, nella duplice accezione di conflittualità e interconnessione, in cui il contesto fantascientifico sconfina facilmente, ancora una volta, in narrazioni che, in modo sinistro, illuminano il bisogno di comunicazione connaturato alla vita sensibile.
Se l’ibridazione, da un lato, è espressione dello sguardo vigile e ricettivo con cui lacasadargilla sonda il reale, dall’altro l’affondo riservato alla prospettiva dell’incontro rivela anche un grado di fedeltà massima all’essenza stessa di IF: da dieci anni questo progetto si propone come luogo di costante e paziente costruzione, in cui concedersi – innanzitutto – tempo. Tempo per far sedimentare non solo il bagaglio artistico, ma anche il precipitato umano che scaturisce nei momenti di aggregazione informali. Ai tavolini di fronte al bar del Teatro India, infatti, birre e calici di vino accompagnano fin dal pomeriggio scambi di visioni tra artisti, staff e spettatori, che si ritrovano seduti insieme grazie a conoscenze in comune o per vie del tutto casuali. Qualcuno si avvicina a un gruppetto di attori, captando, tra le loro chiacchiere, brevi intermezzi in cui si ripete una stessa battuta per affinarne l’intonazione: è l’esercizio minuto di chi si prepara a dare vita alle parole di autori emergenti durante le restituzioni di Piccola Bottega, il workshop biennale di drammaturgia curato da Roberto Scarpetti. Qualcun altro ripesca vecchi aneddoti sulla scia di Here After, l’installazione sonora curata da Alessandro Ferroni e Maddalena Parise: i ricordi, che gli anziani di alcuni centri sociali avevano scelto di raccontare su un’audio-navetta, trasformano il Teatro India in un crocevia di memorie legate a specifici luoghi della capitale.
Convivialità, incontri fortuiti, dibattiti improvvisati: anche di questo si nutre una comunità teatrale capace di rimescolare esperienze e professionalità che si ritrovano e crescono insieme. Nessuno stupore, allora, se per il Grand Final di IF va in scena l’intera redazione della radio che ogni giorno ha accolto ospiti d’eccezione per interviste e conferenze filosofiche. Questa volta, però, la Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams non funge solo da ampio contenitore per organizzare il palinsesto: l’avventura spaziale diviene qui il pretesto per dar vita a un esilarante show in cui il pubblico finisce per ballare sottopalco al ritmo di Everybody Needs Somebody to Love dei Blues Brothers. Contagiati dall’energia e dall’entusiasmo di un gruppo particolarmente affiatato, non può sfuggire il ruolo della consuetudine a intrecciare e coltivare rapporti, che genera un perimetro protetto all’interno del quale lavorare sinergicamente, mettersi alla prova, sperimentare: in questo senso, la “cittadella stellare” di IF appare sempre più come la manifestazione di un’attitudine alla cura dell’altro.
Nadia Brigandì
in copertina:
EU_PH0_R1A. A Shining Darkness, installazione multimediale sulla facciata del Teatro India
di Alessandro Ferroni e Maddalena Parise
tecnico video Tiago Branchini
foto di Margherita Masè
KLARA E IL SOLE
un progetto di lacasadargilla
regia Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni
adattamento Roberto Scarpetti
dal romanzo di Kazuo Ishiguro
regia di Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni
drammaturgia musicale di Alessandro Ferroni e Gianluca Ruggeri
ambienti visivi Maddalena Parise
costumi Camilla Carè
drammaturgia delle luci Omar Scala
disegno sonoro Pasquale Citera
con Cecilia Fabris, Lorenzo Frediani, Alice Palazzi, Edoardo Sabato, Tania Garribba, Petra Valentini
assistente alla regia Matteo Finamore
assistenti alla drammaturgia Angelica Azzellini, Anna Farina, Leonardo Ravioli
tecnico video Tiago Branchini,
assistenti alle luci Chiara Zaffiro, Gianluca De Meo
CONSIGLI PER SOPRAVVIVERE IN NATURA
un progetto a cura di lacasadargilla
regia Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni
adattamento Roberto Scarpetti
drammaturgia musicale Gianluca Ruggeri
ambienti visivi Maddalena Parise
costumi Camilla Carè
drammaturgia delle luci Omar Scala
disegno sonoro Pasquale Citera
con Lorenzo Frediani, Arianna Gaudio, Fortunato Leccese, Anna Mallamaci, Paolo Minnielli, Alice Palazzi, Stefano Scialanga, Roberta Zanardo
chitarra elettrica Fabio Perciballi
el. devices Alessandro Ferroni
aiuto regia Matteo Finamore
tecnico video Tiago Branchini
assistenti alle luci Chiara Zaffiro, Gianluca De Meo