da William Shakespeare
Compagnia Marionettistica Carlo Colla e figli
tradotta e registrata da Eduardo De Filippo
visto al Piccolo Teatro Grassi_ 4-16 giugno 2013
E quando alla fine Prospero, dopo la sua celebre tirata e la rinuncia alla magia, getta via la bacchetta e si blocca, quando le mani dei marionettisti si fermano, quando la filastrocca del napoletano impastato di Eduardo si zittisce, allora anche tu in platea trattieni il respiro.
Che rivelazione questa Tempesta shakespeariana nella versione della compagnia Carlo Colla e figli, recitata da Eduardo, dalla voce di Eduardo registrata e funambolica, difficile, a volte difficilissima da seguire nella traduzione in dialetto stretto dall’inglese, ma così potente che ci si lascia stordire volentieri.
Al Grassi, in chiusura di stagione, è tornato per una manciata di giorni un autentico gioiello del teatro. Un kolossal delle marionette, dove si rimane letteralmente a bocca aperta per effetti da 3D di altri tempi che conservano suggestione e potenza come se tutto quello che la tecnologia si è inventata dopo fosse poco o niente. In due ore di spettacolo ci sono Shakespeare, la commedia dell’arte, l’illusione del teatro e dei suoi trucchi, la perizia tecnica di un gruppo di marionettisti che il mondo intero ci invidia. Ci si diverte e ci si meraviglia (non facile, di questi tempi) davanti alle scenografie disegnate e dipinte come in una fiaba, ai giochi di prospettiva, alle luci che mutano e alle musiche incalzanti, che siano i ritmi orientali o le canzoni napoletane, alle scene più concitate e mirabolanti, come quella del naufragio con la nave che rovina, pezzo dopo pezzo.
Nei dialoghi c’è l’estro eduardiano tutto intero e vivo: impressiona sapere che il drammaturgo e attore, ormai ritiratosi dalle scene, tradusse e registrò questo testo quando aveva più di ottant’anni. Morì dopo pochi mesi, ma i Colla avevano accettato la sfida e, seguendo le indicazioni del figlio Luca, misero in scena la commedia come Eduardo se l’era immaginata. Così Ariele non è un folletto ma uno scugnizzo napoletano, Calibano un puzzone che fa le boccacce, Trinculo un ubriacone da fronte del porto. E poi ci sono gli animali da cortile, il gallo, il gatto, la pecora e i maiali, che cantano insieme ad Ariele, gli uccellini, gli spiritelli, i farfarielli, i folletti. Fanno capolino dall’alto, da destra, da sinistra, si agitano, ci fanno segno, a loro volta muovono altre marionette, in un gioco di teatro nel teatro. Tutti lì a ricordarci che siamo fatti della stessa materia dei sogni. E che quando si alza il sipario e compaiono le mani dei marionettisti, mentre si accendono le luci, anche tu ti stai svegliando.
Francesca Gambarini