Una madre pronta a tutto per riappropriarsi della salma della figlia: un presupposto drammatico potenzialmente prevedibile, che quasi naturalmente si svilupperebbe attraverso lunghi processi e le azioni di avvocati spietati. Se non fosse che Carmela, la madre in questione, non si trova in tribunale, ma in mondovisione. Se non fosse che la controparte sono quelle nipoti che vorrebbero per sé la salma di Samantha, la cugina guaritrice venerata sin da piccolissima e poi morta suicida, per renderla proprietà del popolo dei devoti. Se non fosse che non c’è alcun giudice con toga e martelletto, ma solo uno stuolo di telespettatori pronti a emettere la propria decisione con il televoto.
All’interno di un set televisivo realizzato da mobili componibili, montati e organizzati a vista a seconda delle svolte drammaturgiche, Carmela — unico personaggio in scena, interpretato da un ottimo Filippo Luna — alterna momenti della biografia della figlia, recitati on air, a momenti off air. Sequenze nelle quali musiche patetiche e vagamente trash, che subito richiamano la “tv del dolore”, si affiancano così a scene prive di suoni, agite con le luci di sala accese e scevre di qualsiasi finzione apparente, durante le quali la donna si rivolge direttamente al pubblico. Un pubblico che Carmela tocca, per accertarsi della sua presenza, perché mi pare tutto un panorama inventato, questa realtà; Carmela vuole essere sicura, mentre si destreggia tra rappresentazione e racconto, che la platea (il “pubblico attore”) non sia solo un’invenzione della mondovisione. La veglia, scritto e diretto da Rosario Palazzolo, si configura come un gioco continuo con gli spettatori, trasportati da Carmela, guidati e storditi dalla sua lingua creata ad hoc, in cui l’artificiosità sicula è ricamata di cazzipicchia, così personale da essere credibile e mai stucchevole.
Fuori dalla diretta, il rapporto con gli spettatori si fa più intenso, più genuino. È allora che Carmela non si sforza di piacere, che non modera il linguaggio, al punto da far ridere di gusto la platea, con lei o di lei poco importa. Il nucleo fondante dello spettacolo si rivela così essere nella dicotomia che oppone da una parte l’attrice, gli spettatori, la recita in mondovisione e dall’altra la madre, il “pubblico attore”, la realtà così come viene descritta da Carmela. Questo stesso “pubblico attore” è interpellato nel momento in cui Carmela rimane invischiata nel meccanismo perverso della TV, quando l’incidente, l’imprevisto che riporta la luce sulla realtà fuori dal copione, cattura l’interesse e l’attenzione di chi guarda. Nello spettacolo di Palazzolo, il piano reale e quello della recita entrano in collisione nel momento in cui Carmela, cosparsasi d’alcol, minaccia di darsi fuoco dopo la vittoria delle nipoti al televoto. Ma il pubblico in sala, che assiste al tentato rogo, si rivela incapace di agire, consapevole della propria presenza svincolata dalla tragicità della scena, scegliendo di non credere fino in fondo a quanto vede. Proprio la presenza in carne e ossa degli spettatori, piuttosto che avvicinarli empaticamente a quanto accade sul palco, evidenzia la finzione in atto: il pubblico del teatro non è come la gente che è troppo credente nella televisione. Ma se sulla poltroncina in sala e sul divano a casa siamo le stesse persone, dobbiamo chiederci: come ci comportiamo come pubblico? Come viviamo quello che ci viene proposto dai media? Quanto il nostro sguardo sa riconoscere i meccanismi finzionali? L’esperimento che Palazzolo conduce magistralmente, adottando uno schema di base semplice ma giocato su stili e toni sempre diversi, non punta alla riflessione sul dolore di una madre, ma si concentra sulla modalità di presentazione dei fatti che spesso è viziata e parziale, e ci chiede di prendere una posizione o almeno sentirci chiamati in causa da una situazione che ogni giorno mette in discussione la nostra percezione della realtà.
Cecilia Burattin, Giacomo Fausti
LA VEGLIA
scritto e diretto da Rosario Palazzolo
con Filippo Luna
produzione Teatro Biondo Palermo
visto al Piccolo Teatro Grassi in occasione di Tramedautore
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico Trame d’inchiostro