«È inutile, l’abisso in cui mi spingi è dentro di te». Queste le ultime parole gridate dalla Sfinge a Edipo/Franco Citti, nel film di Pasolini Edipo Re (1967), prima che lui la spinga nel baratro. Allo stesso modo è interiore, e non solo marino, l’abisso in cui ci immerge l’attore e regista siciliano Davide Enia nel suo ultimo spettacolo. Enia negli ultimi decenni si è conquistato un pubblico fedele ed eterogeneo: prima con gli intensi monologhi che ha scritto, diretto e interpretato (come Italia-Brasile 3 a 2 o Maggio ’43), poi con diversi romanzi di successo. Appunti per un Naufragio (Palermo, Sellerio, 2017) è uno di questi: un’opera che intreccia vicende collettive, personali e familiari, com’è tipico del suo autore.

Nella sua trasposizione teatrale intitolata L’abisso – approdata recentemente al Piccolo Teatro Grassi –l’intreccio delle vicende è ulteriormente condensato e rafforzato. Il racconto autobiografico in forma di appunti, come recita il titolo del romanzo, sovrappone un naufragio personale a quello collettivo dei popoli che oggi attraversano il Mediterraneo. Il complicato rapporto dell’autore con il padre, fatto di silenzi e reticenze, e la malattia terminale dell’amato zio paterno fanno da contraltare all’altro nodo pulsante della storia: i viaggi di Enia a Lampedusa per documentare gli sbarchi, raccogliere testimonianze degli abitanti, in particolare quelle dei soccorritori e dei volontari che assistono i naufraghi.

L’isola è notoriamente uno snodo cruciale per le rotte del Mediterraneo: punto di approdo e luogo di accoglienza, ma anche testimone di molte moderne “Odissee”. Qui l’immane naufragio dell’ottobre 2013 ha fatto nascere nel 2014 il festival itinerante Sabir (festivalsabir.it) inaugurato da Rumore di Acque di Marco Martinelli: una litania funebre per i morti in mare, dove la memoria del poema omerico si trasfigura nelle peregrinazioni dei ‘migranti’, come in altri spettacoli (sempre più numerosi) ispirati a questo gigantesco esodo/naufragio di massa – da Trilogia del naufragio di Lina Prosa a Verso Terra di Mario Perrotta (oggetto di uno speciale di “Stratagemmi”) agli ultimi lavori di Emma Dante o Elena Bucci (trovate qui la riflessione di Maddalena Giovannelli), al progetto pluriennale di Zappalà Danza (CT) che da Naufragio con spettatore approda a OdisseoIl naufragio dell’accoglienza.

A questo filone si può ricondurre anche lo spettacolo di Enia, che ha conquistato platee ‘classiche’ come il teatro greco di Siracusa (il 17 giugno scorso, nell’ambito della Giornata del Rifugiato) a riprova dei molteplici, complessi legami con i modelli greci di cui Enia è debitore (da buon siciliano). Nella sua scrittura, nella tecnica attorale e nel cunto rivivono non solo gli antichi aedi, ma anche la tragedia greca (per prime le Supplici eschilee che hanno ispirato tra gli altri Supplici a Portopalo, di Pirrotta e Vacis, e Moni Ovadia al teatro greco di Siracusa nel 2016). Lo spettacolo, come già il romanzo, ha l’immediatezza di una testimonianza “in presa diretta”, ha il ritmo incalzante del monologo lirico cui fanno da contrappunto le musiche composte ed eseguite dal vivo, alla chitarra, da Giulio Barocchieri: è un flusso di coscienza, sul modello dell’Ulisse di Joyce, con echi lontani dell’Odissea, dell’Eneide, di miti classici come quello di Europa, la ragazza giunta dall’Asia per mare, che ha dato inizio alla storia del nostro continente ed è ricordata a fine monologo.

Enia, da vero cantastorie, ci incanta e ci avvince con il carico emotivo e personale del suo diario, commuovente eppure lucido, e della straziante ‘odissea’ ospedaliera dello zio. La narrazione in parallelo, tra il suo capezzale e Lampedusa, è condotta sotto la spinta degli eventi e l’urgenza evidente di trovare ‘le parole’ per reagire alla tragedia personale e collettiva. L’attore ci appare quasi in trance, sospeso, fluttuante, con le braccia aperte come se fosse in balia delle onde. È un naufrago egli stesso, ora uno smarrito Telemaco in cerca di un padre assente, e con un Mentore sofferente (lo zio), ora un moderno Ulisse (nell’Odissea unico superstite del viaggio verso Itaca), capace di farsi carico del fardello collettivo dei naufraghi (che “un giorno, nelle loro lingue, ci racconteranno le loro storie”), ma anche di tutti i soccorritori, testimoni, spettatori partecipi e impotenti della tragedia che si consuma ogni giorno, e ogni notte, nei nostri mari.

Martina Treu


L’abisso
tratto da “Appunti per un naufragio” (Sellerio editore)
uno spettacolo di e con Davide Enia
musiche composte ed eseguite da Giulio Barocchieri
produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Biondo di Palermo, Accademia Perduta/Romagna Teatri
in collaborazione con Festival internazionale di narrazione Arzo
organizzazione Luca Marengo

Visto al Piccolo Teatro Grassi di Milano_21 novembre 2019