Cosa significa “seminare” per la Compagnia Kronoteatro? Portare spettacoli teatrali, performance, danza e musica all’interno di luoghi adibiti alla fiorente produzione agricola di Albenga, permettere al pubblico di scoprire spazi altrimenti inaccessibili, che siano commerciali o artistico-culturali: questo fa, da otto anni, il Festival Terreni Creativi.
È da un lato un modello di sostenibilità economica – che permette al Festival di sgravarsi economicamente di un peso, quello dell’allestimento – dall’altro un esempio di collaborazione virtuosa con realtà radicate nel territorio, dove arte e agricoltura si uniscono senza fini di lucro. Un’arte che si fa possibilità di scambio tra mondi e dunque punti di vista su uno stesso territorio e che ha il fine di realizzare una comunità attiva, radicata, ma in crescita e movimento.
Dopo l’edizione 2016, che ha segnato un momento di forte cambiamento (significativo il titolo: Il Settimo anno. La Crisi) il festival di quest’anno ha sperimentato ancora più a fondo la propria vocazione comunitaria e multidisciplinare. Seminare dubbi quindi, e magari vederli crescere nel tempo: non una proposta artistica che necessariamente piaccia in ogni sua parte allo spettatore, ma che si faccia strumento per crescere quel pubblico “nel tentativo di far germogliare nel cuore e nella testa delle persone nuovi stimoli e nuovi orizzonti”.
L’Ortofrutticola, Terraalta e RB Plant, queste le tre aziende che hanno ospitato le serate dell’VIII edizione di Terreni Creativi, ognuna con tre proposte di spettacoli, tra danza, teatro-danza, teatro di prosa, performance e DJ set. Quattro le prime regionali: la conferenza spettacolo di Fanny&Alexander con Marco Cavalcoli To be or not to be Roger Bernat; lo studio per danzatrice sola, Alessandra Fabbri, di Davide Iodice prodotto da Interno5 Mangiare e bere. Letame e morte; lo spettacolo di prosa Il desiderio segreto dei fossili della compagnia Maniaci D’Amore; Vous êtes pleine de désespoir, spettacolo liminale tra arte performativa e danza di Teatro delle Moire e Alessandro Bedosti.
Per approfondire la storia e la vocazione di Terreni Creativi abbiamo intervistato Maurizio Sguotti, presidente di Kronoteatro e direttore artistico e organizzativo del Festival.
Come è iniziato il vostro percorso e come, in otto anni, si è sviluppato il rapporto con i “terreni” del territorio?
“Abbiamo iniziato quasi dieci anni fa alla RB PLANT. I proprietari ci avevano chiesto di organizzare una piccola serata culturale all’interno di una manifestazione regionale sulle piante aromatiche di cui sono grandi esportatori. Così avevamo deciso di raggruppare alcuni materiali che avessero attinenza con il mondo agricolo, da romanzi a poesie, per creare uno spettacolo breve, di circa mezz’ora. Dopo quella serata ci siamo resi conto che c’era disponibilità e desiderio di investire sull’arte non tanto per un ritorno d’immagine o economico, ma proprio perché interessava sviluppare qui una proposta culturale. Coniugare la realtà produttiva di Albenga, tra le più importanti in Italia, che è stata capace di superare un periodo di profonda crisi, con una produzione artistica ci è sembrato molto interessante. Inizialmente abbiamo selezionato un numero ristretto di collaboratori a cui interessasse partecipare per amore nei confronti della cultura. È un fatto di sensibilità: portare teatro, danza, performance in questo territorio è importante e come Kronoteatro ci impegniamo a proporre un tipo di teatro che non sia semplice, che non cerchi di piacere agli spettatori, non li soddisfi necessariamente. Teniamo comunque sempre presente qual è il pubblico di riferimento per noi – cioè i cittadini del territorio. Ma gradualmente siamo riusciti a proporre un’ampia gamma di linguaggi e spettacoli e a far crescere con noi i nostri spettatori, cosa che ritengo fondamentale”.
Dunque un modello di sostenibilità economica.
“L’investimento economico delle aziende non è forse ingente, ma comunque fondamentale per Terreni. I trasporti, la forza lavoro, montaggio e smontaggio di palchi e scenografie sono a carico dei nostri partner: noi non riusciremmo a sostenere questo tipo di spese da soli! Inoltre le aziende che ci ospitano devono essere disponibili a modificare la struttura interna delle serre, fondamentale per la resa vera e propria degli spettacoli: vedere spazi industriali con luci, scenografie, resi diversi e vivi dalle musiche e dagli artisti è gratificante per noi, per gli spettatori e per le aziende stesse. Per ora partecipano al progetto sei realtà, ma per l’anno prossimo è stata già selezionata una nuova azienda. Non ci limitiamo però a farci dare lo spazio e le aziende non si limitano a intervenire economicamente. Pensiamo sia fondamentale un rapporto più stretto, di collaborazione più profonda: per questo durante l’anno coinvolgiamo i proprietari in riunioni che li rendano partecipi al progetto, consapevoli del lavoro che si sta facendo”.
Quali sono i punti di forza di questa edizione che desidera “seminare dubbi”?
“Noi cerchiamo, e abbiamo sempre cercato, di portare qui artisti e compagnie che non si limitino all’intrattenimento, che facciano pensare e ragionare gli spettatori. Vorremmo riuscire a far nascere delle domande non solo nel nostro pubblico, ma anche in chi governa questa città. Dunque penso che il punto di forza siano azioni artistiche e modalità di lavoro capaci di farsi segni, e di proporre alternative. Vorremmo riuscire a smuovere la politica almeno ad Albenga e cercare di far comprendere meglio il nostro lavoro, consolidandolo sempre più. Dunque per noi sono particolarmente importanti gli incontri: da quelli con gli artisti, con la stampa, con dei tecnici professionisti appassionati non solo al loro lavoro, ma anche all’arte. Riusciamo a comunicare, a creare uno scambio vivo, attivo con tutto l’entourage. L’immagine dell’edizione di quest’anno, una linguaccia che è petalo di un fiore, è un “guarda cosa ti ho combinato”, ma anche un “alla faccia tua”: come a dire che noi, nonostante le difficoltà, continueremo a fare ciò che sentiamo importante, da un punto di vista artistico e territoriale”.
Auspici per il futuro?
“Per noi sarebbe importante riuscire a far crescere il Festival non solo da un punto di vista di tempistiche, di giorni in più legati alla programmazione di spettacoli, perché dobbiamo sempre ragionare sul bacino di utenza non essendo radicati in una grande città. Ci piacerebbe però lavorare con produzioni che vengano a debuttare qui, realizzare delle residenze, dei laboratori e dei workshop teatrali – in passato ne abbiamo tenuti alcuni, ma legati più alla danza che al teatro. Quindi quello che auspico per il futuro di Terreni Creativi è avere la possibilità di farlo crescere e di realizzare una comunità sempre più attiva nel territorio e conosciuta anche fuori. Creare una comunità è l’anima di questa manifestazione. Tutti qui partecipano al progetto perché lo amano: professionisti, volontari, tecnici, sponsor ci lavorano, ci accompagnano in questo percorso e sostengono perché amano il festival. Speriamo di diventare con il tempo sempre più forti”.
Camilla Fava